Int. a M. Mariani - «Regina Coeli, mancano 140 guardie»

Dalla Rassegna stampa

«Amo', me senti? Te vojo beneee!». «Anch'io! Salutami er pupo...» «Che hai detto? Ripeti! Stava a passà 'na macchina...» Trastevere senza il suo carcere? La terrazza del Gianicolo senza più le donne dei detenuti e le loro invocazioni d'amore gridate all'imbrunire, con le mani a imbuto sulla bocca, verso le antiche celle delle martellate? A 48 ore dalla morte di Tiziano De Paola, il tossicodipendente trentenne ucciso da una overdose di droga in una cella della IV sezione, torna d'attualità l'ipotesi di smantellamento di Regina Coeli di cui si parla - a strappi da almeno una ventina d'anni. E che periodicamente riemerge sull'onda di un'emergenza.

Il più esplicito, nel 1994, fu l'allora ministro della Sanità Raffaele Costa: «Regina Coeli? Una macchia nera da cancellare». Grandi titoli sui giornali. Polemiche. E lo stop dei sindacati. La chiusura, poi, fu ventilata in vista del Giubileo. Idem. Sembrò decollare nell'estate del 2004, dopo la sommossa di 158 detenuti finalizzata proprio a rendere inagibile la prigione, in modo da trasferirla. Anche lì, nulla di fatto. Infine, il 21 marzo 2008, in campagna elettorale, toccò all'attuale sindaco: «Il carcere è molto antico. Per quanto siano state fatte tante opere di manutenzione, secondo me Regina Coeli va chiuso disse Gianni Alemanno -. C'è una struttura di fondo che non può essere modificata. Occorre costruirne uno nuovo». Parole seguite anch'esse dall'oblio.

Direttore, serviva un'altra morte in cella per tornare a parlare della soppressione di Regina Coeli?
Mauro Mariani, da 12 anni responsabile della casa circondariale («una missione, mi creda»), scrolla la testa. «Non la mettiamo così... Diciamo che l'istituto ha certamente i suoi problemi. Le aree trattamentali sono limitate, consideriamo che come carcere Regina Coeli nasce nel 1880, quando...».  

Il garante dei detenuti, Angiolo Marroni, è stato esplicito: va chiuso, subito. Perché la Costituzione parla di rieducazione e pena, mentre a Regina Coeli c'è solo la pena...
«Ci stavo arrivando. A fine '800 la detenzione era essenzialmente punitiva, contenitiva, e la struttura era orientata di conseguenza. In questo lungo percorso fino a oggi gli spazi ce li siamo ricavati con le unghie e con i denti. Pensi che i campi di calcio non sono mica rettangolari, ma trapezoidali...».

Però... Mai un progetto concreto di trasferimento?
«Veramente qualche anno fa stavano cercando di individuare una zona a nord, tra Bracciano e Cesano, per costruire un nuovo penitenziario dove trasferire i nostri detenuti. Non so se l'idea ha avuto un seguito». E comunque una notizia. Evidentemente si tratta del lavoro preparatorio della commissione istituita presso il ministero della Giustizia, alla quale, lo spiegò lo stesso Alemanno nel 2010, partecipa anche un rappresentante del Comune.

Direttore, ma a lei non è arrivato nessun atto concreto sull'ipotetico trasloco?
«Neanche una carta. Seppure è esistito uno studio informale, io non ne ho contezza...».

Domanda facile: quali sono le emergenze di Regina Coeli?
E risposta immediata: «Sovraffollamento, carenza di personale, scarse risorse. Ma è un problema generale, siamo nella media di tutte le carceri italiane... Si sa che a Regina Coeli ci sono 1.20o detenuti, che dovrebbero essere poco più di 700 e che il 30% sono tossicodipendenti. É questione nota che mancano agenti penitenziari: oggi sono 490, quando la pianta organica ne prevede 630».

Per non parlare della carenza di psicologi.
«Pochi anche quelli, ma il nodo maggiore è il numero limitato di ore per l'osservazione e il trattamento: una decina al mese. E d'altronde è risaputo anche l'effetto porte girevoli...».

Sliding doors a Regina Coeli? Ossia?
«Sì, insomma, il problema degli arrivi continui e degli ingressi brevi, di pochi giorni... L'alta mobilità complica il lavoro. Consideri che i condannati definitivi sono solo 13o, e che Regina Coeli è davvero una realtà complessa: tantissimi detenuti sono molto poveri, in gravi difficoltà sociali, senza contatti. Il 50 -60% stranieri...».

Ma negli ultimi 12 anni, con lei al vertice, cosa è cambiato?
«Intanto, la struttura si è aperta, mentre quando arrivai era un mondo chiuso. Qui adesso entra moltissimo volontariato per l'assistenza. E poi ci sono le attività, la biblioteca, il teatro, le iniziative di approccio psicologico e relazionale per i sex offender, il lavoro esterno di due detenuti che, per un carcere giudiziario, è una bella conquista...».

Il tutto in un contesto degradato degno di un penitenziario di Bangkok.
«Guardi che abbiamo ristrutturato 1'80 per cento del complesso, e non è poco... Posso portare le foto, ha presente com'era? Prima, seconda, quarta e quinta sezione sono state ristrutturate, nella sesta iniziamo questo mese, a conti fatti manca solo l'ottava...».

Marco Pannella però, in visita a Regina Coeli lo scorso Natale con Rita Bernardini, parlò di docce non funzionanti, acqua fredda, vetri rotti, mancanza del riscaldamento.
«Sì, la parte idraulica ha qualche problema. Le reti sono vecchie e in effetti necessitano di manutenzione continua. Il mio, le assicuro, è davvero un mestiere del fare...».

Direttore, ma insomma: chiuderlo?
«Non lo chieda a me. Tuttavia, ovvio, ciascuno è libero di esprimere le proprie idee...».

 

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