Il governo si muove solo sotto tortura

Dalla Rassegna stampa

Solo una decina di giorni fa, mentre i riflettori della stampa nazionale erano per lo più puntati sulla campagna referendaria e sulle divisioni di una maggioranza in affanno, accadeva qualcosa di molto importante. Di epocale, quasi. Nell'ambito della discussione alla Camera del disegno di legge di adeguamento dell'ordinamento italiano allo Statuto della Corte Penale Internazionale, il governo accoglieva l'ordine del giorno dei deputati radicali, che lo impegna a predisporre con la massima urgenza un ddl per l'introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale. Un provvedimento, questo, più e più volte sollecitato dagli organismi internazionali e richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti, rispetto alla quale l'Italia risulta da oltre vent'anni inadempiente; un atto dunque irrinunciabile per porre fine alla latitanza del nostro Paese di fronte a obblighi giuridici internazionali e metterlo così al passo delle altre grandi democrazie occidentali, tra le quali si colloca sempre più spesso come fanalino di coda. L'impegno del governo a introdurre finalmente il reato di tortura nell'ordinamento italiano rappresenta - sotto il profilo simbolico ma non solo - un segnale importante, di speranza, anche per tantissimi reclusi nelle nostre carceri. Decine di migliaia di detenuti che ogni giorno vedono violati i propri diritti, anche i più elementari. Uomini e donne sottoposti da un sistema penitenziario fuori legge, e ormai al collasso, a condizioni di vita umilianti a causa del sovraffollamento. O a regimi detentivi durissimi, come il 41bis o l'ergastolo ostativo, guardati con diffidenza e a volte additati come forme di tortura anche all'estero e dalla giurisdizione internazionale. Per queste ragioni le associazioni a tutela dei diritti dei detenuti hanno annunciato tre giorni di mobilitazione dentro e fuori le carceri il 24, 25 e 26 giugno, in occasione della Giornata internazionale Onu contro la tortura. Mentre prosegue in tutta Italia l'iniziativa nonviolenta in atto da settimane, che vede oltre diecimila persone - tra detenuti e loro familiari, direttori delle carceri, agenti di polizia penitenziaria, avvocati, psicologi, volontari e semplici cittadini - in sciopero della fame insieme al leader radicale Marco Pannella per chiedere un provvedimento di amnistia. Una mobilitazione massiccia e spontanea che non può restare muta, inascoltata, se è vero che questo Paese, come inducono a sperare i recenti esiti elettorali e referendari, ha deciso di cambiare rotta.

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