Giustizia: sulla condizione incivile delle carceri non servono nuovi studi, ma decisioni davvero coraggiose

Ma cos’altro dovrebbe far conoscere “l’indagine conoscitiva sull’emergenza carceraria” appena ideata dalla Commissione giustizia del Senato presieduta da Nitto Palma? Già si sa tutto, e da molto tempo. Ci sono i dati ministeriali dell’incivile sovraffollamento di 21.000 persone più della capienza teorica, peraltro gonfiata dal conteggio di molti posti in realtà indisponibili.
Le condanne dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per le detenzioni di persone in meno di 3 mq a testa sono talmente note che il governo Monti, con scelta infelice, invece di mettersi in regola entro fine anno come preteso dà Strasburgo, le ha impugnate per congelare l’ultimatum.
Vetustà dell’edilizia carceraria, riduzioni di organico nella polizia penitenziaria, sanità negata di fatto in molte celle, stanno tutte nell’informazione di qualità resa da associazioni come Antigone, agenzie come Ristretti Orizzonti, programmi come Radio Carcere. Proposte di legge (anche dell’ex ministro Severino) sono arrivate a un passo dall’approvazione nell’ultima legislatura; e pochi mesi fa la Commissione di studio mista tra Csm e ministero ha addirittura prodotto un articolato normativo per disboscare quelle leggi che producono non “più sicurezza” ma solo “più carcere”.
Eppure la politica, che ipocrita suole inchinarsi al capo dello Stato ma da due anni disattende “la prepotente urgenza” additata da Napolitano nel 2011, ora s’inventa l’ennesima “indagine conoscitiva” solo perché non ha la capacità e il coraggio di scegliere tra le ben note opzioni in campo. Chi propende per il successo rieducativo delle misure alternative al carcere non se la sente di spiegarlo all’opinione pubblica.
Chi vuole solo costruire più carceri non sa dire dove trovare i soldi. Chi condivide la proposta radicale di un provvedimento di clemenza ha paura che al treno dell’indulto o dell’amnistia, per i detenuti, qualcuno in Parlamento agganci il vagoncino dell’impunità invece per gli indagati eccellenti. E chi vuole abolire norme schizofreniche si scontra con chi sul mercato della paura ha costruito le proprie fortune politiche. Solo che perdere ancora tempo con “indagini conoscitive” può essere un lusso accettabile alla buvette del Senato, meno sui letti a tre piani di celle dove uno deve restare sdraiato, faccia al soffitto, per consentire agli altri almeno di alzarsi.
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