Giustizia: sentenza Berlusconi; gelo del Quirinale sulla grazia, per ora richiesta impossibile

I parlamentari del Pdl pressano il Quirinale con una richiesta di grazia. Richiesta peraltro difficilmente ipotizzabile. Con il Pdl che a gran voce, e anche venata di minaccia, chiede a Giorgio Napolitano la grazia per Silvio Berlusconi, il Quirinale si limita a rispondere gelidamente in serata che “la legge stabilisce chi sono i soggetti titolati a presentare la domanda”. È come se il Colle facesse notare che non sono Brunetta, Schifani, la Santanché, l’intero corpo parlamentare del Pdl o i quotidiani vicini a Berlusconi a poter avanzare la richiesta, ma l’unico che in proposito - al momento - tace: Silvio Berlusconi.
Il codice di procedura penale infatti prevede che a chiedere la grazia presidenziale, disposta dall’articolo 87 della Costituzione, possa essere l’imputato, o in sua vece un prossimo congiunto, un convivente, un tutore, il suo avvocato. In una parola: sostituti del soggetto condannato. E il motivo del silenzio dell’unico titolare della facoltà di richiesta potrebbe essere che certamente i suoi avvocati, e tra questi certamente il professor Coppi sanno che la domanda al momento, non è ipotizzabile.
Non solo perché non la norma ma la consuetudine vuole che il Presidente eserciti il potere di grazia nei confronti di chi è condannato in via definitiva e non ha altri procedimenti giudiziari in corso (un’eccezione a questa consuetudine c’è stata, nel caso del giornalista Lino Jannuzzi, graziato avendo altre querele aperte). Ma soprattutto perché la sentenza con la quale la Cassazione ha condannato Berlusconi prevede il rinvio ad altra corte della valutazione sull’interdizione dai pubblici uffici: dunque, si tratta di una condanna non definitiva.
Inoltre, spiega il costituzionalista Valerio Onida, non c’è solo l’aspetto formale ma anche quello sostanziale negli effetti della grazia, “essa funziona infatti come l’indulto, e non estingue le pene accessorie e altri effetti della condanna”.
Un aspetto “sostanziale” proprio perché il motivo per il quale il Pdl chiede la grazia per il proprio leader “punta evidentemente ad impedire il decadimento del seggio in Parlamento”: un effetto che, appunto, con la grazia non si otterrebbe automaticamente, a meno che non venga espressamente previsto nel decreto di grazia.
Occorre però ricordare che i primi a chiedere la grazia furono i quotidiani vicini a Berlusconi, che invocarono la redenzione per l’ex presidente del Consiglio ancora prima che fosse condannato, il 13 luglio scorso. E in quell’occasione, l’irritazione di Napolitano fu massima, tanto che venne fatta filtrare la reazione, “speculazioni su provvedimenti di competenza del Capo dello Stato che sono segni di analfabetismo e sguaiatezza istituzionale “ da parte di “giornali che fanno provocazioni abituali, e che per rozzezza istituzionale non meritano né attenzione né commenti”. Anche in quel caso, Silvio Berlusconi non profferì motto, e tantomeno in materia di grazia.
Al momento, comunque, visto che per l’appunto il Quirinale esaminerà la richiesta di grazia e la possibilità di accoglierla qualora il soggetto titolato la chiedesse, le perentorie proteste che si sono levate ieri dal Pdl hanno un valore eminentemente simbolico, e dunque politico. Che avrà plastica rappresentazione a partire da lunedì mattina, quando un inedito “Esercito di Silvio” presidierà la Piazza del Quirinale, sempre con l’obiettivo di spingere Napolitano a graziare il loro leader. La neonata organizzazione, costituita a quanto pare su iniziativa dell’onorevole Daniela Santanché, ha già comunicato l’intenzione alla Questura di Roma, e dal Quirinale si guarda a un’iniziativa come tante: è previsto che l’Esercito di Silvio venga transennato negli spazi antistanti alle Scuderie. E il peggio è stato evitato: inizialmente, l’idea era che protagonisti del presidio fossero i parlamentari del Pdl. Un’iniziativa che sarebbe stata di ben diversa gravità, e che certamente avrebbe irritato non poco il Quirinale.
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