Giustizia: protesta Psicologi penitenziari; Circolare Dap limita a 4 anni lavoro convenzione

“Nelle carceri italiane siamo di fronte ad un vero e proprio rischio di rivolta. Ma a ribellarsi per le loro condizioni potrebbero essere i circa 500 psicologi penitenziari (ex articolo 80) sui quali sta per abbattersi, aggravando una situazione di eterno precariato, la scure di una circolare dell’amministrazione penitenziaria secondo la quale uno psicologo a convenzione non potrà restare nello stesso istituto penitenziario per più di quattro anni. Un provvedimento di cui abbiamo chiesto l’immediata sospensione”.
Lo denuncia Luigi Giuseppe Palma, presidente del Consiglio Nazionale degli Psicologi. “Gli psicologi ex articolo 80 - spiega Palma - sono figure professionali istituite dalla legge 354 del 1975, che prevede la consulenza di esperti esterni (reclutati tramite selezione pubblica) per l’osservazione dei detenuti e che, pur avendo orari imposti e lavorando a tutti gli effetti come dipendenti, sono considerati dei liberi professionisti.
Ad essi, a differenza dei loro colleghi di ruolo, non è stato infatti riconosciuto il diritto a passare al sistema sanitario, previsto dal trasferimento delle competenze, di funzionari e di risorse nell’ambito della medicina penitenziaria, dal ministero della Giustizia a quello della Salute”.
Secondo il presidente degli psicologi italiani “questi rapporti di lavoro a intermittenza privano i detenuti del diritto ad essere seguiti nel loro percorso riabilitativo, poiché quattro anni non sono sufficienti a seguire chi ha commesso gravi reati e deve scontare pene ben più lunghe. Inoltre aggravano e sviliscono ancora di più la figura professionale dello psicologo che è già penalizzata dalla continua riduzione delle ore dedicate al rapporto con i detenuti e dalla carenza e, in alcuni casi, dalla mancanza, di qualsiasi strutturazione del servizio di psicologia”.
“Poiché non ci risulta che questa interruzione forzata del rapporto di lavoro sia estesa anche ad altri operatori che forniscono i loro servizi in qualità di consulenti nelle carceri italiane, dobbiamo dedurre che l’amministrazione penitenziaria consideri gli psicologi figli di un Dio minore ai quali viene applicato - svantaggiandoli e senza peraltro fornire spiegazione alcuna - un trattamento riservato”.
“Solo garantendo stabilità e continuità al lavoro dello psicologo nelle carceri - sottolinea Palma - potrà essere garantito il diritto alla salute della popolazione carceraria e sarà possibile mettere il nostro Paese in linea con l’Europa”. Palma infine coglie l’occasione per chiede di “risolvere la vicenda dei 39 psicologi vincitori di concorso nel 2004 e, inspiegabilmente, ancora non assunti”.
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