Giustizia: Letta in aula evoca l’amnistia. Non ringrazia solo Berlusconi

Dalla Rassegna stampa

La parola amnistia, per carità, il prudente Enrico Letta s’è ben guardato dal pronunciarla in aula mentre chiedeva la fiducia. “Vago sulla corruzione, evoca l’amnistia. E Berlusconi incassa”, titola malizioso il Fatto Quotidiano (30 aprile) l’articolo che Marco Lillo ha dedicato alla questione giustizia. Malizioso per difetto, il titolo, perché Berlusconi, almeno su questo, non detiene un monopolio assoluto: serve ricordare i balletti su indulto e amnistia per salvare i Consorte o per rimettere il coperchio al vaso di Pandora Mps? A parlare di amnistia in Parlamento senza peli sulla lingua o retro pensieri inconfessabili finora sono stati sempre e solo, per motivi opposti, la Lega Nord e i Radicali. In attesa di capire quanto il giustizialismo grillino sia contaminabile dal garantismo per i poveri cristi che languono in galera da anni, magari in attesa di giudizio, tutte le altre forze politiche l’amnistia la corteggiano in segreto. In pubblico, le preci, i lamenti, le alte grida per la ormai intollerabile situazione delle carceri italiane (l’ossimoro dell’emergenza permanente) è il segnale che qualcosa bolle in pentola, che l’ora è propizia.
Anche perché per deliberare su amnistia e indulto (la prima estingue il reato, il secondo la pena) serve una maggioranza altissima, due terzi, come stabilisce l’articolo 79 della Costituzione. E quando ricapita una occasione del genere, con Pdl e Pd che amoreggiano senza il bisogno di nascondersi? Altrimenti, si cambia la Costituzione, come pure ha sollecitato Napolitano. Urge una Convenzione, Berlusconi si è già candidato a guidarla.

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