Giustizia: improvvisamente il Pdl ha cambiato opinione sulle carceri e le misure alternative!

Dalla Rassegna stampa

Quando tocca a te, allora tutto diventa reale. Quando si è coinvolti in prima persona, tutto cambia. È un classico, e la comoda superficialità lascia il posto ad altro.
In questi giorni è la volta della giustizia e delle pene alternative al carcere. E tra i simpatizzanti del Popolo della Libertà qualcosa è improvvisamente cambiato. Se prima della sentenza che ha condannato il Capo il carcere era l’unico degno luogo in cui dovevano finire i condannati di ogni tipo (un sentimento diffusissimo anche a sinistra, non credete, per non parlare del M5S), e se parole come “amnistia” e “indulto” erano impronunciabili, se le pene alternative erano frivolezze se non escamotage per non punire i delinquenti perché, secondo una vulgata comune, i domiciliari o i servizi sociali sono ritenuti equivalenti alla libertà, solo con qualche fastidio, oggi improvvisamente anche questi provvedimenti alternativi sarebbero delle “gravi restrizioni alla libertà individuale di Berlusconi”.
C’è da chiedersi se ciò valga solo per lui o per l’intera popolazione, se la positiva evoluzione verso forme alternative alla detenzione sarà seriamente portata avanti, o se ci dovremo ancora sorbire la Santanché che, come ha fatto sino a ieri, nega l’emergenza carceraria, o le sparate dei leghisti su quelli che se la sono cercata e che stiano dentro che è peggio per loro, o gli “approfondimenti sul tema” di Gasparri (e di tanti con lui) che liquida sempre tutto col ritornello penoso del “faremo nuove carceri”.
E se finirà l’ostruzionismo contro i tentativi di “svuotare” le carceri per riportarle a uno stato di almeno vaga umanità. Eppure tutta questa ostilità diffusa per le pene alternative e per le misure che tentano di riportare sotto controllo lo stato delle carceri fa leva su una paura atavica e su un giustizialismo tanto innato quanto frutto dell’ignoranza che porta ad incartocciarsi su se stessi, procrastinando una situazione drammatica che finisce per peggiorare la sicurezza nazionale.
E questo sia perché la funzione rieducatrice del carcere viene di fatto negata in tale contesto, sia perché di spazio per i delinquenti non ve n’è più e oramai si entra e si esce dopo poco, sia perché una giustizia ingolfata produce qualcosa come 170mila processi l’anno che cadono in prescrizione (di fatto un indulto silenzioso al mese, che pare non disturbi troppo), un’amnistia per ricchi con buoni avvocati.
E questo mentre il 70% dei furti e l’80% degli omicidi rimane impunito. Oltretutto con la spada di Damocle della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che ha rigettato i ricorsi dell’Italia, dando al nostro paese ancora pochi mesi prima di far scattare pesanti sanzioni. E come ricordò il Presidente Napolitano a un convegno organizzato dai Radicali due anni fa, dal penoso stato delle carceri “la sicurezza nazionale viene più insidiata che garantita”.
Bombardati da messaggi di terrore che rinfocolano la paura verso un mondo attuale che in realtà è tra i più sicuri di tutta la storia dell’uomo, sia che si guardi all’Italia che al resto del mondo, in troppi ancora non comprendono che davanti a una situazione di violento dissesto della giustizia come quella italiana, se non si percorrono strade alternative alla carcerazione, se non si puliscono le scrivanie dei magistrati, se non si ha il coraggio di dire e certificare che abbiamo fallito nell’amministrazione della giustizia e che dobbiamo ricominciare, non ci risolleveremo più. E per farlo, tra molte altre cose, è necessaria, seppur certamente non sufficiente, anche un’amnistia.
I Radicali sono oggi meno soli in questa richiesta. Il ministro Cancellieri ne ha ultimamente più volte sottolineato l’importanza, ma è la popolazione che lo deve capire. Capire che un’amnistia porterebbe un po’ di ossigeno al paese, alla nostra sicurezza e, non ultima, alla nostra dignità.

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