Giustizia: “Gli impedirono di respirare”, tunisino morto in caserma a Riva Ligure

Dalla Rassegna stampa

Sarebbe morto per asfissia, in seguito a una procedura di arresto troppo violenta da parte dei carabinieri: Bohli Kayes, l’immigrato tunisino di 35 anni che ha perso la vita il 6 giugno scorso, a Riva Ligure, poco dopo la sua cattura, avvenuta al culmine di un’operazione antidroga, in circostanze ancora tutte da chiarire e dai contorni anzi piuttosto sospetti.
Il referto dell’autopsia, eseguita dalla dottoressa Simona Del Vecchio, responsabile del servizio di Medicina legale di Imperia, riferisce di “arresto cardiocircolatorio neurogenico, secondario ad un asfissia violenta da inibizione dell’espansione della gabbia toracica”.
“Sostanzialmente l’ipotesi che fa il medico legale è che nel momento dell’arresto o del trasporto in auto, dal luogo dell’ arresto alla caserma, sia stato in qualche modo impedito a Bohli Kaies di respirare e di espandere la cassa toracica - ha affermato, stamani, il procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, titolare delle indagini - e questo ha determinato, in un individuo che già era in carenza di ossigeno perché proveniva da una violenta colluttazione, un debito di ossigeno notevole”.
Una ricostruzione dei fatti che, se trovasse riscontro nelle indagini e negli accertamenti, ricorderebbe molto la morte di Federico Aldrovandi, del quale i periti hanno accertato l’asfissia durante la colluttazione con i quattro agenti della Questura poi condannati per omicidio colposo. I tre carabinieri che procedettero all’arresto di Kayes rimangono indagati per omicidio colposo: “C’è una grossa responsabilità delle istituzioni dello Stato - ancora Cavallone - per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di quello che poteva aver commesso, la vita è sacra e quando un cittadino, italiano o straniero, è nella disponibilità delle istituzioni, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata”.
È probabile che, per impedire un’ulteriore fuga di Kayes, i militari gli abbiano compresso la schiena o la cassa toracica, impedendogli di respirare e provocandogli quella sofferenza cerebrale, notata durante l’autopsia. Il consolato tunisino in Italia ha già chiesto copia del referto medico.

Sanremo, la morte del tunisino. “Gli impedirono di respirare” (La Repubblica)

Il procuratore Cavallone dopo i risultati dell’autopsia: “C’è una grossa responsabilità dello Stato, al di là del reato commesso la vita è sacra”. Tre i carabinieri indagati per omicidio colposo
“Arresto cardiocircolatorio neurogenico secondario ad asfissia violenta da inibizione dell’espansione della gabbia toracica”. Impossibilità a respirare. Questa è la causa della morte di Bohli Kayes, il tunisino morto la sera del 5 giugno scorso in seguito ad un arresto particolarmente concitato - per spaccio di droga - da parte dei carabinieri di Santo Stefano al Mare, poco distante da Sanremo. Un caso che, pur con la necessità di avere in mano tutti gli elementi, rievoca la triste storia di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni, morto una settimana dopo il suo arresto per droga nell’ottobre del 2009. O i fatti del 2005 quando Federico Aldrovandi morì per colpa della violenta reazione dei poliziotti durante l’arresto.
Secondo quanto è stato ricostruito la sera del 5 giugno scorso a Riva ligure, il 36enne tunisino, dopo essere stato bloccato dai militari mentre spacciava nel piazzale davanti a un supermercato, ha cercato di fuggire e, una volta preso, di liberarsi ad ogni costo, anche scalciando: a questo punto, durante la colluttazione i carabinieri lo avrebbero schiacciato a terra per tenerlo fermo. Poi, una volta trasferito in caserma, il malore. Ma, escluso un infarto e l’assunzione di droga, sarebbe quindi stato lo schiacciamento meccanico, e quindi l’impossibilità di resporare autonomamente, la causa della morte.
A confermarlo i risultati dell’autopsia depositata ieri dai medici legali. “I risultati degli esami tossicologici hanno dato esito negativo - afferma il Procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone - quindi si esclude che il ragazzo abbia assunto sostante stupefacenti. Da subito il medico del pronto soccorso della città dei fiori, dove Bohli Kayes è morto aveva escluso un infarto”.
“Questa azione - prosegue il Procuratore Cavallone - che ha impedito al 36enne di respirare è avvenuta per un tempo stimato tra un minuto e i 3 minuti, quindi tra il momento dell’arresto e il trasporto nella caserma tra il supermercato dove è avvenuto il fatto e la caserma, che distano all’incirca 500 metri di distanza. Dopo aver escluso l’arresto cardiaco era emersa l’asfissia cerebrale ipotizzabile dall’assunzione di sostanze stupefacenti di cui il soggetto faceva uso ma anche questa diagnosi è stata esclusa.”
“C’è una grossa responsabilità - continua il Procuratore - da parte dell’Istituzione dello Stato. Al di là di quello che il soggetto ha commesso la vita è sacra ed è una morte di cui lo Stato deve farsi carico e deve chiedere scusa alla famiglia.
C’è qualcuno che è responsabile di aver impedito a Bohli Kayes di respirare”. Sono tre i carabinieri indagati per omicidio colposo che durante l’interrogatorio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: difficile quindi stabilire l’esatto momento dell’insufficienza respiratoria .
Il supermercato dove è avvenuto l’arresto è sprovvisto di telecamere di video sorveglianza. I fatti avvennero il 5 giugno scorso nel piazzale di un supermercato di Riva Ligure. I Carabinieri di Santo Stefano al Mare arrivano sul posto. Trovano il giovane tunisino intento a spacciare eroina. Non appena vede i militari, il giovane cerca invano la fuga a piedi. I momenti che seguono sono confusi e frenetici: Bohli prima cade, si rialza e poi inciampa nel vano tentativo di fuggire scavalcando il guard rail.
A questo punto, dopo la colluttazione con i militari, il giovane verrà ammanettato dai militari e trasportato in caserma, poco distante. Ma è proprio in questi istanti che si consuma la tragedia: nel piazzale della caserma Bohli Kayes perde i sensi. Allertati soccorsi morirà poco più di un’ora dopo nell’ospedale di Sanremo. Dopo una prima analisi del corpo non risultarono fratture evidenti: la salma mostrava alcune escoriazioni alle mani, alle ginocchia e, un’ecchimosi all’altezza dello zigomo destro, dovuti all’arresto animato. La perizia fu effettuata subito dopo il decesso del ragazzo sotto la supervisione del Procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone che ha peraltro sempre precisato che “ non si tratta di un altro caso Cucchi”.
Proprio in conseguenza di quest’episodio, pochi giorni dopo l’arresto, nel centro smistamento delle poste centrali di Genova, il 17 giugno, viene intercettata una busta contenente una lettera di minacce accompagnata da alcuni proiettili. È indirizzata ad un carabiniere che ha partecipato all’arresto di Bohli. Verrà trasferito per motivi di sicurezza. È previsto un trasferimento anche per gli altri due carabinieri che presero parte all’arresto. Al momento proseguono le indagini per capire da dove provenga la lettera e chi l’abbia scritta. La busta è al Ris di Parma per gli esami per rilevare eventuali tracce di Dna.

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