Giustizia: i giovani in cella e l’attesa di chi sappia parlargli

Dalla Rassegna stampa

Un giovane di 21 anni ucciso come un boss alla Sanità, baby rapinatori protagonisti di raid e rapine nel cuore della città, minorenni che sfrecciano su potenti moto pistole in pugno a poca distanza dal luogo dove un commando di killer ha appena sparato raffiche di mitra contro l’abitazione di un capoclan di Ponticelli.
E ancora, ragazzini coinvolti in associazioni criminali di stampo camorrista, alcuni dei quali già vanno ad ingrossare le fila dei pentiti. Sono solo gli ultimi fatti di cronaca che vedono protagonisti giovani e giovanissimi in episodi di violenza degni di consumati specialisti del crimine. Un fenomeno che sta assumendo vaste proporzioni ma che non sembra preoccupare più di tanto l’opinione pubblica.
Se poi aggiungiamo le aggressioni di baby - gang verso anziani, immigrati e senza fissa dimora, gli atti di vandalismo e di bullismo con cui i minori spadroneggiano spavaldi e impuniti, ci rendiamo conto di come esista un disagio del mondo giovanile che sfocia in atti di violenza talvolta gratuiti e che è ormai diventato una vera e propria emergenza. Non solo nella città di Napoli.
Nella casa circondariale “Giuseppe Salvia - Poggioreale” sono attualmente rinchiusi 340 giovani al di sotto dei 25 anni di età, poco più del 12% del totale dei carcerati. Ma se esaminiamo il numero dei giovanissimi alla prima esperienza detentiva, osserviamo subito come questa percentuale aumenti in modo esponenziale, fino ad arrivare a un terzo dei detenuti reclusi nel padiglione che ospita chi entra in carcere per la prima volta.
È un dato allarmante che indica come si sia abbassata l’età di chi fa il suo ingresso nel modo del crimine. Anche nel circuito dell’alta sicurezza si registrano percentuali di più elevate di giovani rispetto al passato: il 10% di persone under 25 è una cifra davvero preoccupante. Gli arresti di molti esponenti di spicco dei clan hanno lasciato liberi posti di comando che sono stati occupati da questi giovani in cerca di affermazione e di successo, con la speranza di poter contare finalmente qualcosa.
Quella della violenza giovanile è una realtà complessa e trasversale, che coinvolge anche il mondo femminile e ceti sociali più elevati, con la costante presenza della cocaina, dell’alcool e di altre sostanze stupefacenti a fare da sfondo e sempre pronti a narcotizzare.
Il mondo degli adulti sembra impotente e rassegnato e ha rinunciato a parlare a questa generazione. Talvolta pensa che assecondare lo sballo e il non senso sia la cosa migliore da fare. Probabilmente perché non ha proposte e ideali su cui impegnare i giovani, non ha risposte a quelle domande, tante volte inespresse, di senso della vita. Allora si permette tutto per appagare il senso di insoddisfazione. Ricordo che alcuni mesi fa, per festeggiare la maggiore età del figlio, un genitore aveva organizzato un festino con ragazzine e cocaina e solo un controllo delle forze dell’ordine gli impedì di portare a compimento questo perverso intento.
Forse il bisogno più vero per questi ragazzi è quello di avere riferimenti autorevoli che sappiano indirizzare e valorizzare l’energia e la vitalità di questa età. Non sono particolarmente cattivi, ma la noia e la monotonia di giornate vuote trasforma la loro vivacità in passatempi violenti. È la banalità del male che li trascina, fino a fargli raggiungere i gradini più alti della malavita. In questi anni ho conosciuto tanti giovanissimi nel carcere di Poggioreale.
Esistenze svuotate che sembravano in attesa di qualcuno che sapesse parlargli in modo autorevole e concreto, di una presenza paterna. Con alcuni c’è voluto veramente poco per sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Talvolta la chiave per rigenerare vite che si stanno perdendo è a portata di mano. Ho in mente il rapporto di simpatia tra Giovanni Paolo II e i giovani. Papa Wojtyla, seppur debole e malato sapeva entrare in sintonia con loro come pochi. E in questi giorni la Gmg di Rio de Janeiro può rappresentare una occasione per ritrovare i contenuti e un linguaggio che sappia parlare al cuore della gioventù.
Il futuro dipende da come saranno un domani questi giovani, dal loro senso di responsabilità e dalla loro voglia di cambiare le cose. La loro educazione è un discorso che riguarda tutti, non solo la scuola, gli specialisti o i preti impegnati. D’altra parte Dostoevskij metteva in guardia l’umanità affermando che “quando tutto è possibile il mondo diventa orribile”.

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