Giustizia: detenzione in casa per condanne relative a reati con pena massima fino a 6 anni

Dalla Rassegna stampa

Non avrà effetti immediati sul carcere, ma è in arrivo una leggina che potenzialmente potrebbe rivoluzionare il sistema della giustizia. Tra dieci giorni la Camera voterà il ddl sulla cosiddetta “messa in prova”. È un meccanismo che consente una giustizia “risarcitoria”: lavori socialmente utili al posto di un processo e poi di una condanna detentiva. È una possibilità offerta agli imputati di reati con pene fino a 4 anni più i reati “a citazione diretta”, ad esempio il furto semplice, la ricettazione, la resistenza a pubblico ufficiale, la rissa.
Da ieri, poi, il ddl si è arricchito di un capitolo sui domiciliari. Si prevede che il giudice in futuro, al termine di un processo, nel determinare la pena, avrà tre possibilità tra cui scegliere: pena pecuniaria, pena detentiva, pena domiciliare. La pena domiciliare potrà scattare peri reati con pene fino a 6 anni. Ma il governo avrà il tempo di emettere un decreto attuativo con cui escludere dal mazzo alcuni reati, quelli di maggiore allarme sociale.
“La nostra proposta - racconta il sottosegretario alla Giustizia che ha presentato ieri l’emendamento governativo, Cosimo Ferri - innova radicalmente il sistema. Si passa da un sistema di due e un sistema di tre possibili pene. Impossibile dire quante persone ne saranno interessate. La logica, però, ci dice che nel tempo questa riforma alleggerirà il ricorso al carcere e amplierà il ricorso ai domiciliari”.
È soddisfatta Donatella Ferranti, Pd, presidente della commissione Giustizia alla Camera: “Sia il ricorso alla “messa in prova”, sia la pena ai domiciliari sono riforme di sistema, attese da tempo. La platea dei reati interessati ci sembra un buon compromesso tra le esigenze di sicurezza della società e la necessità di deflazionare il carcere.
Si ricordi che qui non si vuole mandare nessuno a spasso: anziché in cella si finisce ai domiciliari. E se si evade da casa, scatta in automatico il carcere. Quindi non è interesse del detenuto. Inoltre lasciamo al magistrato la valutazione, legata al caso concreto, alla personalità del condannato, alla sua storia”. Buono anche il giudizio di Enrico Costa, Pdl, correlatore del ddl: “È misura di civiltà prevedere che ci sia anche questa possibilità”.
Da notare inoltre che con la “messa in prova” il processo stesso viene sospeso. L’imputato svolgerà dei lavori socialmente utili, rispettando un programma concordato con il magistrato di sorveglianza, vigilato dagli assistenti sociali, al termine del quale, se tutto è andato per il verso giusto, il reato stesso è dichiarato estinto e quindi il processo non si svolge più. “Una misura - commenta ancora Enrico Costa -doppiamente utile: sia per evitare che si finisca in carcere, con tutto quello che ciò comporta in termini umani ed economici; sia perché si evitano processi minimali, che però ingolfano i tribunali”.
Le opposizioni però sono già sulle barricate. Tra l’annuncio di un decreto sfolla carceri che potrebbe essere licenziato al prossimo consiglio dei ministri, e la marcia di questo ddl, vedono un pericoloso affievolirsi della severità dello Stato. Sostiene il leghista Matteo Salvini: “Pd e Pdl avranno sulla coscienza un’ondata di nuovi reati, morti e feriti compresi”.

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