Giustizia: il decreto-carceri e il nodo dei detenuti “over 70”

Dalla Rassegna stampa

I condannati a piede libero a una pena non superiore a 3 anni potranno evitare il carcere e ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, salvo per reati di mafia, terrorismo, maltrattamenti in famiglia o stalking in danno di minori.
La stessa possibilità di non entrare in carcere sarà riconosciuta agli over 70, alle donne in gravidanza o madri di bambini con meno di 10 anni o ai padri con figli della stessa et se la mamma morta, ai malati gravi, agli over 60 se parzialmente inabili, ai minori di 21 anni per ragioni di salute, di studio o di famiglia: la pena potrà essere scontata a casa, in un luogo di cura o di assistenza, purché non superi 4 anni (anche come pena residua), qualunque sia il reato commesso (salvo mafia o terrorismo).
Anche per i tossicodipendenti, infine, se la condanna non supera i 6 anni prevista la possibilità di non entrare in carcere ma di ottenere l’affidamento terapeutico per tutta la durata della pena. Comunque, a decidere tra carcere e misura alternativa sarà il magistrato, caso per caso, senza alcun automatismo.
Il passaggio dalla libertà direttamente alla misura alternativa uno dei punti più significativi del decreto carceri, che stamattina il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri porterà al Consiglio dei ministri. Il provvedimento destinato a implementare le “alternative” alla detenzione sia “in entrata” che “in uscita”, cioè sia per chi a piede libero quando arriva la sentenza definitiva sia per chi già detenuto ma ha un residuo di pena da scontare pari a quello indicato dalle nuove norme. La “certezza della pena” garantita (sebbene la Lega dica il contrario, anche con riferimento al ddl all’esame della Camera sulla “messa alla prova”).
Il carcere, infatti, solo una delle modalità per scontare una condanna: così stabiliscono da più di 30 anni le nostre riforme penitenziarie, spesso anestetizzate da leggi come la ex Cirielli, che dal 2005 ha introdotto vari sbarramenti per i recidivi, contribuendo così al sovraffollamento.
Ora queste preclusioni cadono e si riapre anche la strada della sospensione dell’esecuzione, prevista già nel 1994 e poi cancellata. L’obiettivo non solo ridurre gli ingressi e le permanenze in prigione, garantendo ai reclusi condizioni di vita dignitose e la prospettiva di un più efficace reinserimento sociale, ma soprattutto implementare le misure alternative alla detenzione, che abbattono la recidiva e garantiscono di più la sicurezza collettiva.
Il provvedimento arriva per in un momento politicamente delicato: tante le condanne a esponenti politici, a cominciare da Silvio Berlusconi. Che in base al decreto, in quanto over 70 avrebbe diritto alla detenzione domiciliare per la condanna nel processo Mediaset a 4 anni (di cui 3 condonati) ma non per quella a 7 anni (se confermata) nel processo Ruby. Non a caso, la norma sulla detenzione domiciliare stata al centro di lunghe trattative.
E ancora ieri pomeriggio a Palazzo Chigi girava un appunto della Giustizia, che, con riferimento al terzo dei quattro articoli del dl (quello sulla detenzione domiciliare agli ultra settantenni e assimilati), riportava solo la dicitura: articolo in fase di definizione . Si tratta della modifica all’articolo 47 ter dell’ordinamento penitenziario, riscritto dalla ex Cirielli che, oltre a tagliare la prescrizione, tagli tutti i benefici per i recidivi, salvo per alcune categorie come gli over 70, ammessi alla detenzione domiciliare qualunque fosse l’entità della pena, ma con esclusione di una lunga serie di reati. L’elenco, voluto dall’allora governo Berlusconi, non contempla la corruzione (reato per cui fu condannato Cesare Previti) ma include la prostituzione minorile.
Era così esteso da vanificare gli effetti della norma. Perciò ora il decreto cancella le preclusioni sui reati (salvo mafia e terrorismo) ma, per coerenza interna, introduce il limite della condanna a 4 anni per beneficiare della detenzione domiciliare. E così dovrebbe arrivare oggi a Palazzo Chigi.
Il decreto carceri - che per ora non sarà affiancato dall’annunciato provvedimento del ministero dell’Interno sulla “sicurezza” - contiene poi altre misure strutturali in alternativa alla galera, come lavoro di pubblica utilità per tossicodipendenti condannati per reati minori (piccole truffe o ricettazioni, rapine non aggravate) o il lavoro all’esterno anche se non è retribuito. A decidere sarà sempre il magistrato, senza automatismi.

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