Giustizia: la Corte europea dei diriti dell'uomo rigetta il ricorso, Italia nell’angolo sulle carceri

L’Italia avrà un anno di tempo per trovare una soluzione al grave fenomeno del sovraffollamento nelle carceri. E sarà tenuta a risarcire sette detenuti per i danni morali subiti in cella. A stabilirlo la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha così rigettato il ricorso del nostro paese contro la sentenza di condanna emessa dai giudici di Strasburgo l’8 gennaio scorso, in cui si sottolineava la violazione dei diritti dei carcerati, trattenuti in spazi particolarmente angusti; la causa Torreggiani e altri riguarda il trattamento cui sono stati sottoposti sette reclusi nella prigione di Busto Arsizio (Varese) e in quella di Piacenza, ai quali il governo dovrà adesso corrispondere un l’indennizzo complessivo di 100 mila euro.
Nel pronunciamento di inizio anno la Corte aveva messo in luce come, per assicurare il rispetto della dignità dell’individuo, fosse necessario garantire negli istituti di pena almeno tre metri quadrati a disposizione per ogni persona. Una condizione di non facile realizzazione, se si considerano i numeri delle presenze nelle carceri della Penisola: secondo le ultime rilevazioni, riferite pochi giorni fa in Parlamento dal ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri, la cifra totale al 15 maggio 2013 è di 65.891, di cui circa 23 mila stranieri e 18.821 in eccesso rispetto alla capienza regolamentare delle 206 sedi dislocate nel territorio nazionale; 24.691 sono in attesa di giudizio (indagati, o imputati in custodia cautelare), 40.118 condannati e 1.176 internati.
Secondo Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l’associazione che tutela i diritti dei detenuti, le proposte di Donatella Ferranti (Pd) e Francesco Nitto Palma (Pdl), al vertice delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, per risolvere la piaga del sovraffollamento non sortiranno effetti positivi sulla vivibilità in cella, né faranno diminuire la popolazione nel giro di un anno: la “detenzione domiciliare e la messa alla prova”, commenta, “sono iniziative di buonsenso, ma non spostano per nulla l’impatto numerico” dei reclusi. Al contrario, osserva, bisognerebbe intervenire sulle “leggi che producono carcerazione, come quella sulle droghe, l’immigrazione”, nonché “sulla recidiva e sulla custodia cautelare”.
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