Giustizia: la Cancellieri istituisce una Commissione ministeriale sul sovraffollamento presieduta da Mauro Palma

La Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha nominato Mauro Palma a capo di una Commissione sul sovraffollamento degli istituti di pena italiani. Ne faranno parte 15 componenti, tra gli altri Rita Bernardini e Roberto Rao. Visibili segni di discontinuità. “L'amnistia? Sarebbe senz'altro utile, se con misure riorganizzative del sistema. In carcere perché si è puniti, non per essere puniti”.
“Depenalizzazione, misure alternative, riorganizzazione degli istituti: su queste tre gambe deve muoversi la “rivoluzione copernicana” del pianeta carcere”. Mauro Palma negli ultimi anni ha presieduto quel Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, che non ha mancato di bacchettare la situazione delle celle italiane. Oggi, la Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, lo ha messo a capo di una Commissione ministeriale sul sovraffollamento degli istituti penitenziari: 66mila detenuti per 47mila posti disponibili nelle 206 “prigioni” del Paese.
Una commissione sulle carceri, di cosa si tratta?
“È una commissione, con funzioni di consulenza, su interventi relativi al sistema penitenziario. Istituita presso il ministero della Giustizia, ha 15 componenti, oltre a me che la presiedo. Tra i membri, Rita Bernardini (Radicali, ndr) e Roberto Rao (già parlamentare Udc, ndr). E poi dirigenti esperti del settore e anche esperti di organizzazione di sistemi complessi pur in settori diversi. Il nostro compito? Consegnare entro il 30 novembre una relazione al ministro sul sistema carcerario: in pratica, una serie di consigli per rispettare le indicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo su sovraffollamento e condizioni detentive”.
Il ministro Cancellieri insiste sulla necessità di un'amnistia. Lei cosa pensa?
“Concordo con l'approccio complessivo del ministro, che introduce un segno di discontinuità davvero apprezzabile. Premesso che l'amnistia non è certo tra le competenze di una commissione consultiva, la mia personale posizione è che sarebbe senz'altro utile, se collocata all'interno di una serie di interventi legislativi e riorganizzativi del sistema. Se no, l'amnistia è uno strumento che dà un po’ di respiro, ma non è risolutivo”.
In tema di sovraffollamento la Cancellieri ha ricordato che i 47mila posti letto regolamentari non sono tali perché “ci sono alcuni padiglioni chiusi per lavori di ristrutturazione”. Come si interviene?
“In un sistema complesso gli interventi devono essere su tre fronti. La partita che sta a monte di tutto è una seria depenalizzazione. Basterebbe per esempio portare fuori dal circuito detentivo i casi di lieve entità relativi alla legge sulla droga. Poi bisogna incentivare le misure alternative”.
Il governo le ha rilanciate col decreto-carceri appena varato. Dovrebbero alleggerire le patrie galere entro due anni di 6mila persone. È verosimile?
“Sì, se questi interventi andranno assieme a una nuovo approccio culturale complessivo, che coinvolga anche i magistrati di sorveglianza. E poi bisogna riorganizzare la logica degli istituti”.
In che senso?
“Uso due slogan. Primo, “si va in carcere e non si va in cella”, cioè nel penitenziario bisogna essere soggetti attivi. Secondo, “si va in carcere perché si è puniti, non per essere puniti”, nel senso che alla privazione della libertà non bisogna sommare un'ulteriore pena. Da un modello fortemente infantilizzante del detenuto, trattato come un soggetto passivo, bisogna passare ad un soggetto che nel carcere svolge un'attività, che sta fuori dalla cella, che si assume delle responsabilità. Lo stesso lavoro degli agenti penitenziari va riqualificato e potenziato, per passare da una marcatura a uomo, ad una vigilanza dinamica”.
Per fine maggio 2014, data entro cui la Corte di Strasburgo ci chiede di metterci in regola sul numero dei detenuti e sulle condizioni detentive, ce la faremo?
“Sì, ma solo se renderemo sistema le buone pratiche, che già ci sono in alcuni penitenziari del nostro Paese”.
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