Giustizia: bambini con genitori detenuti, petizione a Presidente Repubblica e a Ministro Cancellieri

Al Presidente della Repubblica e al ministro della Giustizia, l’associazione Bambinisenzasbarre chiede permessi per i momenti importanti dei propri figli. “Assenza dei genitori in tali occasioni stigmatizza la condizione di figlio di detenuto”.
Concedere ai 100mila bambini figli di genitori detenuti nelle 213 carceri italiane di poter condividere i momenti importanti della propria vita con i propri genitori, nonostante la detenzione. È quanto chiede l’associazione Bamibinisenzasbarre, impegnata da oltre 10 anni a favore del diritto al legame affettivo dei bambini con un genitore in regime di detenzione, al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri con una petizione lanciata oggi su Change.org.
“Oggi è molto difficile che il magistrato consideri momenti sensibili tali da concedere un permesso - spiega l’associazione -: eventi come il primo giorno di scuola, la recita di fine d’anno, la comunione o altre cerimonie religiose, riservandolo invece per la scomparsa di persone a lui molto vicine. Per il bambino e l’adolescente, l’assenza del proprio genitore alle proprie occasioni speciali è un’ulteriore sottolineatura della sua fragilità sociale ed una stigmatizzazione della sua condizione di figlio di detenuto. La condanna del proprio familiare ricade, quindi, in modo pesante sulla sua vita e si incide nella memoria in modo doloroso ed indelebile”.
“Il carcere, quello di San Vittore, e la mia infanzia si sono intersecate per tanti anni, tanti quanti gli anni di condanna dati a mia madre - racconta una testimone dell’associazione.
Varcare la soglia di questo antico carcere era sempre difficile e i miei sentimenti erano contrastanti. Tuttavia, per me i giorni più tristi erano tutte le occasioni di festa o importanti: il Natale, i compleanni, il primo giorno di scuola, le recite di fine d’anno, il ritiro delle pagelle, mia mamma non era mai presente era sempre lì a San Vittore. Questa diversità, questa solitudine era un buco nero che inghiottiva i sorrisi, le risa e gli abbracci in carcere con mia mamma. Ancora oggi ne soffro, sento che questa parte della mia vita non mi sarà mai risarcita”.
Oltre alla petizione, tra le attività dell’associazione anche una campagna di raccolta fondi “Non è un mio crimine, ma una mia condanna” voluta per far conoscere meglio il fenomeno dando visibilità a questi bambini senza stigmatizzarli, nel pieno rispetto dei loro diritti. “La petizione è un segnale importante per la società civile - ha ribadito Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre: si tratta di cambiare prospettiva, di mettersi dalla parte dei bambini e non dei genitori detenuti e dei loro vincoli giuridici.
La carta dell’Onu sui diritti del fanciullo definisce con chiarezza il diritto ad intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, se non contrario all’interesse superiore del bambino, al quale va garantito la non discriminazione sociale a causa della condizione del genitore. Questa petizione è un richiamo alla necessità di avviare un processo di integrazione sociale e, più in generale, di profondo cambiamento culturale nei confronti del più vulnerabile: il bambino”.
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