Giornata di Studi “Il male che si nasconde dentro di noi”: da Padova si alza richiesta di una pena diversa…

Dalla Rassegna stampa

Alla Giornata di Studi “Il male che si nasconde dentro di noi”, esperti e detenuti si sono trovati d’accordo sull’importanza di non pensare che qualcuno sia “irrecuperabile”, ma al contrario di promuovere il cambiamento possibile. Un recluso: “Istituzioni spesso miopi e sorde”.
Dal carcere di Padova torna ad alzarsi la richiesta di una pena diversa, che dia un senso alla detenzione. L’appello è stato lanciato durante la giornata di studi “Il male che si nasconde dentro di noi”, ospitata nel carcere Due Palazzi. Esperti e detenuti si sono trovati d’accordo sull’importanza di non pensare che qualcuno sia “irrecuperabile”, ma al contrario di promuovere il cambiamento possibile.
Un’opportunità spesso negata all’interno del sistema detentivo, come racconta Luigi, un detenuto della redazione: “Qui a Padova grazie a Ristretti Orizzonti c’è un uso diverso della pena, ma non riesco a dimenticare la violenza delle istituzioni nelle mie esperienze detentive passate: istituzioni miopi e sorde, che non ammettono che una persona negli anni possa maturare e così negano di fatto la possibilità di cambiamento”.
Marina Valcarenghi, psicoanalista che lavora all’interno del carcere, presidente dell’associazione Viola, si dice convinta che “tutti hanno qualcosa da salvare, non ci sono persone irrecuperabili per definizione”. E aggiunge: “Una persona non si esaurisce nel delitto che ha commesso, la possibilità di riscatto sociale c’è sempre”. Parlare, riflettere sui propri errori e guardare, appunto, il male che c’è in noi (come dice il titolo del convegno) è una strada da percorrere per raggiungere il cambiamento. “Un detenuto una volta mi ha detto: “come fa bene e come fa male andare a vedere il proprio male”. Significa che questo lavoro è davvero utile per dare un senso alla detenzione” evidenzia l’esperta.
La sfida per Mauro Grimoldi, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, è di “riuscire a superare la dimensione retributiva della pena, in base alla quale “tanto hai fatto, tanto vieni punito”. Questo approccio dà alle vittime e ai loro parenti vendetta, ma forse non è la migliore risposta possibile. Dobbiamo chiederci se preferiamo vivere in un paese vendicativo o in un paese in cui si agisca in ottica preventiva per evitare che atti di violenza si compiano. In questo caso ci sono delle opzioni, come ad esempio la messa alla prova degli adulti, alla quale sono favorevole”.

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