Giù il barile, l'Opec fallisce l'obiettivo di 1.000 miliardi

Ai minimi da otto mesi. Anche le quotazioni del petrolio risentono delle turbolenze finanziarie che stanno mettendo in ginocchio il mondo intero. Ma soprattutto riflettono il clima di grande incertezza sul futuro dell'economia globale e della domanda di greggio. Così il prezzo del barile, dai 120 dollari dell'inizio del mese, sta rotolando sempre più in basso, avvicinandosi agli 80 dollari (ieri a New York ha chiuso a 81,31 dollari).
Una notizia che ha già messo in allarme i grandi produttori riuniti nell'Opec, che vedono allontanarsi il traguardo dei mille miliardi di dollari di ricavi previsto per fine anno. Anzi, per essere precisi, 1.028 miliardi di dollari, con un incremento del 32,13% rispetto ai 778 milioni di dollari del 2010, come previsto dall'Eia nell'ultimo report «Opec oil export revenues». Il segretario generale del cartello, Abdalla Salem El-Badri all'ultima riunione di giugno aveva preannunciato per il 14 dicembre il prossimo vertice per ridefinire le quote da assegnare a ciascun Paese membro. A questo punto, però, c'è già chi scalpita per anticipare il summit e mettere in discussione il livello di produzione, che a giugno era stato pari a 29,6 milioni di barili.
L'intendimento è chiaro: un eventuale vertice straordinario sarà chiamato a decidere se chiudere o meno i rubinetti per sostenere le (alte) quotazioni del greggio. E già si prefigura l'ennesimo scontro tra falchi (decisi a difendere il barile a 120 dollari) e colombe, disponibili ad assecondare le economie dei Paesi consumatori già in difficoltà per le altre note ragioni.
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