Emergenza carceri, lettera di Napolitano a Pannella

Dalla Rassegna stampa

Ieri Napolitano gli ha chiesto di tornare a bere e mangiare, promettendogli che il Quirinale farà sentire la sua voce contro «situazioni drammaticamente incompatibili con il rispetto della dignità delle persone». Quella dignità calpestata dall'emergenza carceri, contro cui Marco Pannella lunedì scorso ha iniziato lo sciopero della sete. L'estrema protesta del leader radicale, già in sciopero della fame dallo scorso 20 aprile, per ricordare che i penitenziari italiani sono da tempo sull'orlo del collasso. Una crisi perenne, raccontata nel dettaglio da un rapporto dell'associazione Antigone, presentato ieri a Roma.

Le cifre di un disastro
I numeri, aggiornati al 31 maggio scorso, parlano di una popolazione carceraria aumentata del 50% negli ultimi tre anni, tanto da arrivare ad oltre 67mila detenuti, a fronte dei 45551 posti regolamentari. Un divario enorme tra regole e realtà, che si traduce in scene di ordinaria vergogna. A San Vittore, principale carcere di Milano, vivono in sei in celle di sette metri quadri, per 20 ore al giorno. Si respira come si può, sdraiati su doppi letti a castello a tre piani. A Poggioreale (Napoli) si arriva a 13 detenuti in una cella di otto metri per quattro, con cucina e bagno attaccati e i letti a invadere tutto lo spazio restante. Anche nel piccolo carcere di Padova non tornano i conti, con 196 detenuti per 96 posti effettivi. E allora nelle celle singole vivono in tre, mentre in quelle con quattro posti sono in sei. Ma il primato di penitenziario più sovraffollato va a quello di Busto Arsizio, in Lombardia, dove sono ammassati in 442, a fronte di 167 posti. La più fragorosa delle tante violazioni dei parametri europei, in base a cui ogni detenuto ha diritto ad almeno 7 metri quadri in una cella singola e a 4 in una cella multipla.

Norme rimaste sulla carta, nell'Italia che in media ha 148,2 carcerati ogni cento posti letto, quando l'Europa imporrebbe la soglia massima di 96,6. Così non stupisce che la Corte europea dei diritti umani abbia parlato di condizioni equiparabili alla "tortura" nei penitenziari italiani. Nel 2009 la Cedu aveva condannato l'Italia a risarcire un bosniaco detenuto in un suo carcere.

I tagli del governo
Antigone e singoli detenuti hanno presentato centinaia di ricorsi alla Corte, ma presto le istanze potrebbe diventare una valanga. A favorirla, i tagli e le lentezze del governo. Come ricorda Antigone, nell'ultima Finanziaria gli stanziamenti per le carceri sono scesi del 10%, passando da 3,09 a 2,77 miliardi. «È a rischio il sostentamento dei detenuti» denuncia l'associazione, che semina dubbi sul piano carceri. Approvato nel giugno 2010, il piano prevede la realizzazione di 9150 nuovi posti nelle carceri entro fine 2012, per un investimento di oltre 661 milioni. Ma Antigone spiega: «Nella Finanziaria 2010 sono stati previsti 500 milioni per il piano, mentre gli altri soldi stanziati andranno alla Cassa delle ammende, un fondo per il reinserimento dei detenuti. Ammesso poi che il piano parta adesso, che i soldi bastino e che si rispettino le scadenze, al ritmo di crescita dei detenuti nel 2012 mancheranno ancora 14mila posti».

Infine, «metà dei nuovi posti è prevista nel Sud, mentre i tassi di sovraffollamento più alti sono nel Nord». In questo scenario, risuonano più forte la battaglia di Pannella e la lettera con cui ieri Napolitano ha invitato il «caro Marco» a sospendere lo sciopero: «Ne colgo il senso di urgenza, ma queste forme di protesta possono mettere a grave repentaglio la tua incolumità fisica».

Il Capo dello Stato ribadisce poi il suo impegno: «Posso assicurarti che continuerò, come ho più volte fatto nel corso del mio mandato, a richiamare su tali questioni l'attenzione di tutti i soggetti istituzionali responsabili».

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