Draghi, le parole che vogliono i mercati

Se l’Europa parla in modo chiaro il mercato ascolta. In fondo il «miracolo» provocato ieri dalle parole di Mario Draghi sta tutto qui. Per la prima volta, dopo settimane, operatori dai nervi fragilissimi si sono trovati di fronte a qualcosa di nuovo.
Non l’antilingua che da Bruxelles e dalle capitali europee dice e smentisce allo stesso tempo, non le sfiancanti acrobazie lessicali che escono condivise dai vertici per poi moltiplicarsi nelle tante interpretazioni ad uso e consumo delle opinioni pubbliche nazionali, ma parole quasi brutali nella loro semplicità.
Quel «credetemi, sarà abbastanza», che Draghi ha pronunciato parlando di una Banca Centrale «pronta a fare qualsiasi cosa serva» per fermare la tempesta che infuria sulle Borse e sui titoli di Stato dell’Europa mediterranea, segna una svolta. Non solo linguistica.
Presto per dire se l’annuncio di Draghi avrà un effetto duraturo. Molto più facile prevedere che anche nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, si attraverseranno fasi di altissima tensione. Del resto anche nella reazione entusiastica innescata ieri dai mercati si colgono segni di un’isteria collettiva capace di buttare giù o di spingere verso l’alto le quotazioni nel giro di pochi minuti proprio sull’onda di una dichiarazione o di un’intenzione solo intuita.
Ma proprio per questo, perché quei mercati che rappresentano l’aggregato di milioni di decisioni individuali, sono in questa fase esageratamente sensibili, è necessario parlare loro con voce chiara e forte, dare loro messaggi privi di ambiguità, non aprire lo spazio per incertezze o equivoci.
È ovvio, poi, che alle parole devono seguire i fatti. In caso contrario il contrappasso scatta rapidamente e senza sconti. Ma sotto questo profilo il ruolo e la personalità di Draghi offrono una doppia garanzia. Anche se il presidente della Bce considera legate a tempi eccezionali, come questi, le misure straordinarie che la Banca centrale deve mettere in campo e accetta a malincuore di svolgere un ruolo di surroga rispetto ai governi, bisogna dare per scontato che dietro le sue dichiarazioni, che mettono direttamente in gioco la sua credibilità, ci sia un programma - che va dal riacquisto dei titoli di Stato dei Paesi nel mirino delle vendite fino a spingersi forse ad altre misure meno ortodosse - già delineato. Un programma che in qualche misura deve aver superato anche le resistenze dell’ala più dura - quella di osservanza germanica - della Bce.
Che Draghi parli chiaro, sebbene costretto dagli eventi, è una buona notizia. Quella migliore sarebbe che anche l’Europa in cerca di maggiore integrazione politica riuscisse a trovare una voce - e prima di tutto una direzione - unica.
© 2012 La Stampa. Tutti i diritti riservati
SU