La doppiezza sulle carceri

Dalla Rassegna stampa

Del carcere si è parlato troppo, tanto, e si è fatto poco. Forse, inconsapevolmente, anch'io vi ho contribuito, per cui cercherò di essere più chiaro, provando ad esprimermi con la doverosa sintesi concettuale.

Le semplici cose che dico, ma sono solo uno dei tanti in quanto le medesime, seppure con un'enfasi doverosamente politica e con un logos più qualificato, le gridano da tempo i Radicali, e poi, sempre meno timidamente, altri politici appartenenti ai diversi schieramenti, hanno un senso se ci ritroviamo su un punto comune ed inamovibile: il sistema penitenziario ha, nella sua mission, il perseguimento della Sicurezza non prescindendo, ma anzi svolgendo a tutti i livelli e con convinzione, testimonianza di legalità ed adempiendo alla funzione istituzionale di garanzia dei diritti fondamentali della persona. Ritrovati in questa premessa, tutto risulterà incredibilmente più semplice.

Potrebbe apparire "rivoluzionario", proprio nel luogo che si ritiene debba mostrare il rigore della legge, dovrebbero assicurarsi, escludendo il governo personalissimo della libertà individuale, i diritti fondamentali dell'uomo che sono la salute, la propria sensibilità religiosa, l'istruzione, con tutti i loro intrecci e corollari degli ulteriori ma non meno importanti diritti derivati.

Ma è proprio questa la sfida che dobbiamo lanciare per fare Sicurezza duratura: porre le persone in condizioni di comprendere ed esercitare i diritti in modo responsabile, ben intuendo che essi non sono disgiunti dalla pratica dei doveri ed il primo dovere è rispettare la dignità umana, e quindi la vita, l'onore, l'integrità, le differenze, il credo, l'handicap, la malattia, la sofferenza dell'altro. Vediamo allora le nostre carceri, sono la proiezione di tanto ? La risposta la conosciamo e l'indignazione viene periodicamente a galla solo quando qualcosa di nuovo e tragico accade, seppure nella verità e per tanti signor nessuno, quello che con linguaggio burocratico classifichiamo come "evento critico" si è ripetuto mille volte e più. «Un detenuto si è suicidato nel carcere di ..., era giovane, tossicodipendente; un altro detenuto si è impiccato a ..., era anziano e malato; un altro si è ucciso a ..., era straniero non aveva alcun legame sul territorio; ancora un altro si è ammazzato a ..., aveva preso tangenti».

Il mio non è un discorso pietistico, ma il semplice tentativo di richiamare a coerenza un sistema che per funzionare non deve avere tentennamenti sulla sua mission, non deve transigere, non deve piegarsi alle mode e paure del momento, ma deve andare fiero dei propri fini, difficilissimi ma necessari, allo scopo di non trasformare le carceri in fabbriche di violenze, di negazione dei diritti fondamentali, in incubatoi dove mettere a dimora le sementi delle criminalità che verranno, comuni, organizzate e terroristiche: il carcere deve essere il luogo dove nessuno possa nascondere l'odio, le frustrazioni, il primato della violenza.

Parole? non so, io ci credo, e così ci credono in tanti, anzitutto gli operatori penitenziari. Possibile che nessuno realizzi che se gli stessi poliziotti penitenziari invocano un codice penale minimo, chiedono a gran voce di essere aiutati a rispettare i fondamentali del loro lavoro, che sono sicurezza e trattamento, invitano a riflettere sulla necessità che si trovino misure efficaci di svuotamento delle carceri, prima che si oltrepassi definitivamente la linea della barbarie, essi che di regola sono riservati nelle esternazioni, significa che qualcosa davvero di orribile potrebbe ancora accadere e che l'unica arma efficace che possiamo brandeggiare è quella del rispetto convinto, senza se e senza ma, dell'ordinamento penitenziario? Il suicidio di diversi appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria e di alcuni direttori ne sono la tetra premonizione.

Come possiamo esigere rispetto per la condizione di prigionia dei nostri connazionali all'estero quando poi, di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo siamo ripetutamente condannati per il trattamento disumano e degradante che affliggiamo agli ospiti delle patrie galere?

È vero, per cambiare lo stato delle cose occorrono risorse umane e finanziarie, ma che si trovassero! Non si può essere doppi, non si può e non si deve!

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