Disunioni incivili

La recente nota del Vicariato di Roma, che tenta di fermare la delibera comunale per l’istituzione di un registro delle unioni civili nella Capitale, fa rivivere con un brivido il 2007, quando fu la coppia di fatto Veltroni-Bertone a metterci una pietra sopra. Allora come oggi a dare battaglia erano i Radicali, uniche voci che in genere osano alzarsi contro i diktat delle gerarchie ecclesiastiche, supportati da migliaia di cittadini che avevano firmato la loro delibera di iniziativa popolare: niente da fare, allora non si riuscì a sollevare Roma dalla sua genuflessione.
Tuttavia il nuovo attacco del Vicariato, nonostante un linguaggio hollywoodiano e in stile papa-boys, suona oggi ancor più discriminatorio, perché molte città italiane per non dire dell’Europa - si sono dotate, nel corso degli anni, di quel registro e tentare di fermarlo nella Capitale significa ormai voler separare i romani dal resto del Paese. Come se l’amore, l’affettività, le relazioni personali e intime di chi vive all’ombra del Cupolone contassero meno che altrove. Come se i romani fossero meno garantiti nei loro diritti e nella loro libertà, incivilmente disuniti dagli altri italiani, che il Papa buono se lo guardano soltanto (ma tanto) in televisione, proprio come un vecchio melodramma in bianco e nero
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