Il digiuno di Ferragosto

E va bene che è Ferragosto. Che fuori dal centro le strade sono così vuote che quando ci si incontra ci si saluta, anche tra estranei. E le saracinesche inesorabilmente abbassate, tanto da poter esultare davanti a un negozio di ferramenta aperto. Che a popolare la scena metropolitana siano rimasti, oltre ai turisti, gli invisibili. Gli immigrati, tanto per cominciare: nei parchi e nei locali, una volta tanto protagonisti della vita cittadina anche agli occhi di chi nel corso dell'anno li vede solo come prestatori d'opera e servizi. È Ferragosto, certo, ma come ha dimostrato la crisi dei mercati le emergenze non conoscono vacanze. I problemi, le preoccupazioni, gli accidenti non vanno in ferie. Né tanto meno la legge e i diritti che questa garantisce a chiunque. Anche a coloro che stanno trascorrendo quest'estate, l'ennesima, stipati come polli in batteria nelle carceri del Belpaese. Atti di autolesionismo, aggressioni, suicidi tentati e riusciti continuano a succedersi con cadenza quotidiana: nei 206 istituti di pena italiani si verificano in media duecento "eventi critici" al giorno, fa sapere il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria. L'urgenza di questo dramma senza fine, riconosciuta dalle massime istituzioni della Repubblica, non è più rinviabile e richiede l'adozione di provvedimenti eccezionali. La solidarietà pura e semplice serve davvero a poco, i proclami e le dichiarazioni d'intenti rischiano di sconfinare nell'ipocrisia se restano lettera morta. Passare dalle parole ai fatti è un dovere ormai improcrastinabile, per questa ragione in tanti che a diverso titolo sono a contatto con il mondo delle carceri: direttori, agenti, operatori, volontari, cappellani, rappresentanti di associazioni, parlamentari oltre ai detenuti, ai loro familiari e a cittadini comuni che credono ancora nella legge e nello Stato di Diritto, hanno deciso di lanciare per domenica 14 agosto una giornata di sciopero totale della fame e della sete per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento. L'iniziativa - promossa da Marco Pannella, Rita Bernardini, Luigi Manconi, Ornella Favero presidente di Ristretti Orizzonti, Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone, Eugenio Sarno, Segretario della UIL-PA Penitenziari, Riccardo Arena, voce di Radio Carcere e Irene Testa, Segretaria de "Il Detenuto Ignoto" - chiede che venga dato seguito alle parole del Capo dello Stato Giorgio Napolitano il quale ha definito quella della giustizia e delle carceri una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile. Intanto il neo ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma ha fatto sapere di aver annullato il viaggio in Polinesia e di trovarsi al lavoro nel suo ufficio di via Arenula, a Roma. La precisazione, come sottolineato in un comunicato del dicastero, diventa «indispensabile in seguito alle polemiche scaturite dal programma di vacanze che il ministro aveva programmato a gennaio».
Dunque, continua la nota, «non sono previsti spostamenti tali da impedire la sua presenza per tutto il tempo e per tutte le necessità che dovessero emergere».
Forse sarebbe stato opportuno rinunciare alle ferie prima di scatenare polemiche, ma quel che conta adesso è che il Guardasigilli, piuttosto che tenersi pronto a fronteggiare nuove necessità, si metta subito all'opera su quelle già emerse da tempo, e radicate, come la crisi delle carceri e la riforma della giustizia.
Altrimenti, meglio la Polinesia.
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