D'estate apre la fabbrica dell'indifferenza

Che cos'è una notizia? Azzardo una risposta: un evento di pubblico interesse, un qualcosa che riguarda più persone, e che può suscitare dibattito, riflessione. Un "fatto", insomma. Se è così, al recente convegno "Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano", promosso dal Partito Radicale, sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio del Senato della Repubblica, le "notizie" non sono certo mancate. Vediamo.
Prima notizia: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronuncia un discorso "pesante", un discorso importante; un discorso scritto di suo pugno, soppesando parole, punti e virgole, con l'attenzione e la precisione del farmacista che dosa un farmaco. A parte il lusinghiero "ritratto" di Marco Pannella (“animatore di una lunga teoria di battaglie radicali nel Parlamento e nel paese ha sempre avuto un suo singolare timbro di assoluta autonomia da tutte le logiche di schieramento, di intransigenza morale e di forza nobilitatrice... Il filo rosso delle battaglie radicali è sempre stato essenzialmente quello dei diritti costituzionali e del progresso civile...”) il presidente sillaba che la questione giustizia è giunta a "un punto critico insostenibile... sotto il profilo della giustizia ritardata e negata, o deviata da conflitti fatali tra politica e magistratura, e sotto il profilo dei principi costituzionali e dei diritti umani negati per le persone ristrette in carcere, private della libertà per fini o precetti di sicurezza e di giustizia".
Non solo. Napolitano ha poi dice che "...le condizioni delle carceri e dei detenuti - e anche le cause di un vero e proprio imbarbarimento di quella già pesante e penosa realtà"; e ha poi pone l'accento sul "peso gravemente negativo di oscillanti e incerte scelte politiche e legislative. Oscillanti e incerte tra tendenziale, in principio, depenalizzazione e "depenitenziarizzazione", e ciclica ripenalizzazione con crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione, in concreto, della carcerazione preventiva". Una realtà che "ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all'impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo, per non parlare dell'estremo orrore dei residui ospedali psichiatrici giudiziari, inconcepibile in qualsiasi paese appena appena civile - strutture pseudo-ospedaliere che solo recenti coraggiose iniziative bi-partisan di una commissione parlamentare stanno finalmente mettendo in mora". Napolitano definisce questa situazione "abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona. È una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita...". Un'emergenza "assillante, dalle imprevedibili e al limite ingovernabili ricadute, che va affrontata senza trascurare i rimedi già prospettati e in parte messi in atto, ma esaminando ancora con la massima attenzione ogni altro possibile intervento e non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria". Scelte, invoca, "che ogni giorno di più si impongono, dinanzi alla gravità dei problemi e delle sfide che ci incalzano... Ci si rifletta seriamente, e presto, da ogni parte".
Come si vede, un discorso pieno di "cose"; un discorso che giustificherebbe appieno una auto-convocazione delle Camere, per discutere sul che fare; e che dovrebbe/potrebbe costituire materia per la riflessione di editorialisti e commentatori. Silenzio, invece. Sono già tutti in vacanza? Oppure è scattata quella "fabbrica" ben più micidiale di quella del "fango": la "fabbrica" che certe questioni "semplicemente" le ignora, le silenzia, le minimizza? Attenzione: il presidente parla di "punto critico insostenibile"; di "scelte politiche e legislative oscillanti e incerte"; di "abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale"... Accade tutti i giorni che il presidente della Repubblica si esprima in questo modo, con questa precisione, con questa accurata scelta delle parole, dei toni, delle pause? E se si tratta di un momento "non ordinario", come mai non lo si coglie? Possibile che in nessuna redazione, nessun direttore, capo-redattore, editorialista, abbia percepito senso e significato dell'intervento del presidente?
Seconda notizia: Ernesto Lupo è il primo presidente della Corte di Cassazione. Anche lui parla, dice cose importanti, cose "pesanti". Dice, il presidente Lupo, che sono "indispensabili interventi legislativi idonei a non incrementare e anzi a ridurre progressivamente la popolazione carceraria". Non solo. Aggiunge che è "indispensabile un progetto che punti alla riduzione della pena carceraria e che punti anche all'area della penalità". Rivolge poi un appello ai colleghi perché facciano "un uso sempre più prudente e misurato della misura cautelare restrittiva: si tratta di uno strumento da mantenere nell'eccezionalità quando un altro strumento non può essere usato". Perché "è urgente un ponderato e selettivo programma di depenalizzazione e di attribuzione al diritto amministrativo di molti dei reati puramente formali, accompagnato dall'introduzione di formule estintive del reato nell'ambito di condotte non gravi".Quello che serve, quello che urge sono "indispensabili interventi legislativi idonei a non incrementare e anzi a ridurre progressivamente la popolazione carceraria". Dunque: "indispensabili interventi legislativi... per non incrementare, anzi per ridurre progressivamente la popolazione carceraria", indispensabile un progetto che punti alla riduzione della pena carceraria"; "uso prudente e misurato della misura cautelare restrittiva... ". Parla chiaro, il presidente Lupo, e anche lui dice cose precise. Ma anche l'intervento del presidente Lupo non fa "notizia". eppure di notizie, nel suo intervento, se ne trovano, eccome. Anzi: è proprio quell'intervento, la "notizia". E invece...
Terza notizia: uno dei sindacati della polizia penitenziaria, l'Osapp, informa che da oggi e per tre giorni i 360 detenuti del carcere maschile di Trani attuano lo sciopero della fame per denunciare, ancora una volta, il sovraffollamento e le carenti condizioni igienico-sanitarie delle strutture penitenziarie e la mancanza di un presidio medico fisso nel carcere tranese dopo le ore 22. Anche questa non è considerata "notizia".
Quarta notizia: un detenuto di 63 anni della casa circondariale di Verona notifica, tramite i suoi legali, un atto di citazione contro il Ministro della giustizia per le condizioni in cui è costretto a vivere in carcere. L'atto, riferiscono i legali Guariente Guarienti e Fabio Porta, è volto ad ottenere, in sede civile, il risarcimento di un danno stimato in poco più di 5mila euro che sarebbe stato calcolato per i sette mesi trascorsi in carcere in una cella di 12 metri quadrati divisa con altre tre persone. Il detenuto, condannato a un anno e quattro mesi, peraltro avrebbe una invalidità riconosciuta al 60 per cento e soffrirebbe di una serie di disturbi che lo costringono all'assunzione costante di farmaci. Gli avvocati dell'uomo si sono avvalsi, per citare il Ministro della giustizia, di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in materia che riguarda proprio l'Italia, una serie di leggi sulla detenzione carceraria e gli articoli 13 e 27 della Costituzione in tema di restrizione della libertà e di senso dell'umanità". Anche questa non è considerata "notizia".
Chiudo con gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, quell'estremo orrore, come dice il presidente della Repubblica. Vai a capire perché lo chiamano "ergastolo bianco". Perché quel "bianco" per qualificare l'infinita 'prigione' degli internati negli Opg italiani? Cosa c'à di "bianco" nel finire - come si può finire - in quelle strutture? Perché è lì che può finire chi viene riconosciuto incapace di intendere e di volere. E lì, spesso, chi entra vi rimane per sempre. Nell'80 per cento dei casi la permanenza in Opg supera abbondantemente la durata della reclusione stabilita dal tribunale, le misure cautelari di sicurezza vengono prorogate di sei mesi in sei mesi.
Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Aversa (Caserta), Napoli, Montelupo Fiorentino (Firenze), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere (Mantova): è la mappa degli Opg italiani. Strutture che, dopo il reportage girato in occasione dei 'blitz' a sorpresa organizzati della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, sono state definite le 'Abu Ghraib' del Belpaese. Oggi vi sono internate dalle 1.200 alle 1.500 persone. In principio erano i manicomi criminali. Poi nel 1978 arriva la legge Basaglia. E il nome cambia in Ospedali psichiatrici giudiziari. Non la sostanza, però: nei sei Opg, istituiti negli anni successivi alla legge 180, la commissione d'inchiesta di Palazzo Madama documenta sporcizia, degrado, misure di contenzione estreme, i 'pazienti' abbandonati a loro stessi.
E c'è chi non ce la fa: nell'Opg di Aversa a inizio luglio le morti hanno raggiunto quota sette. Due dei pazienti deceduti, erano fra quelli considerati 'dimissibili'. Lo denunciano le 24 associazioni che, nell'aprile scorso a Roma hanno lanciato la campagna 'Stop Opg'. E una delle storie che raccontano è quella di un paziente di Aversa, 58enne con 3 figli, che si è tolto la vita proprio ad aprile dopo aver ricevuto la notizia di un'altra proroga della sua pena. Ma uscire dall'ospedale psichiatrico giudiziario È difficile. Secondo i dati raccolti dalla Commissione d'inchiesta sul Ssn, ci sarebbero più di 180 pazienti 'dimissibili' perché socialmente non pericolosi, circa il 40 per cento del totale. Ma 6 su 10 rimangono dentro, con una proroga della 'detenzione'. Il motivo è la mancanza di strutture disposte ad accoglierli: comunità, dipartimenti di salute mentale. Anche le famiglie spesso si tirano indietro. Ci sono pazienti che hanno collezionato 23 proroghe, con oltre 10 anni di permanenza supplementare.
La Commissione ha ottenuto impegni per il superamento delle strutture, ma i problemi permangono. Tra gli Opg dove le cose sono andate peggio c'è sempre quello di Aversa dove sui 105 dismissibili solo 21 sono stati dimessi, 23 trasferiti e 2 deceduti. Dal lato opposto l'Opg di Reggio Emilia, dove sui 37 dismissibili sono effettivamente usciti 23 pazienti, 4 sono stati trasferiti e uno è deceduto. Dietro i cancelli degli Opg non si trovano solo autori di crimini efferati: c'è chi si è vestito da donna ed è andato davanti a una scuola 25 anni fa, chi nel '92 ha fatto una rapina da settemila lire in un'edicola fingendo di avere una pistola in tasca. Molti di loro hanno commesso un reato punibile con pochi mesi di prigione, come l'ingiuria. Eppure ci sono casi come quello di un ex paziente di 83 anni che ha finito di scontare la sua pena da 10 anni ed È ancora internato. Pochissimi i medici, spesso generici e non psichiatri, presenti appena 4 ore a settimana in strutture in cui si contano anche 300 persone. Sulla chiusura degli Opg si continua a dibattere, la Commissione vuole chiuderne almeno tre su sei e arrivare all'individuazione di nuove strutture a custodia attenuata da destinare al trattamento sanitario degli internati. E comunque, dopo i blitz, per la Commissione di Palazzo Madama gli Opg da bocciare erano cinque su sei. L'unico a salvarsi quello in provincia di Mantova, risultato in buone condizioni e con un'assistenza di qualità per le persone internate.
L'avrai capito: anche questa non è considerata una "notizia".
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