Dap, Mancuso in pole per la successione di Ionta

Dalla Rassegna stampa

È partita la corsa per conquistare la carica di numero uno del Dap, il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria: al vertice siede un magistrato di lungo corso come Franco Ionta, il cui mandato scade il prossimo 14 febbraio.

La lista dei pretendenti annovera numerosi big della classe giudiziaria, ma a quanto si apprende da palazzo Chigi c'è un unico candidato in grado di conquistare quella poltrona: Paolo Mancuso. Sarebbe un ritorno, per lui, dato che già conosce le stanze di largo Luigi Daga, dove viene guidato il sistema carcerario, per aver diretto il Dap quando il ministro della giustizia era Oliviero Diliberto.

E, a quanto viene riferito sempre dagli uffici della presidenza del consiglio, Mancuso godrebbe dell'appoggio del Quirinale. Quando il sogno dei detenuti, invece, sarebbe quello di vedere alla guida del Dap il leader radicale Marco Pannella, l'unico politico che in tutta la sua vita ha lottato per migliorare la condizione carceraria. Se Ionta prima di assumere l'incarico di capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Corpo di polizia penitenziaria, è stato procuratore aggiunto della Repubblica Paolo Mancuso presso il tribunale di Roma, ha fatto parte della Direzione distrettuale antimafia, diventando poi coordinatore di un pool di magistrati impegnato nella lotta al terrorismo nazionale e internazionale, Paolo Mancuso è noto oltre che per la sua carriera pure per essere il fratello di Libero, magistrato (in pensione) che alle primarie napoletane correva in nome della Sel di Nichi Vendola. Nel Dap nessuno vuole rilasciare ufficialmente commenti sul nome di Mancuso, ma appena viene indicato come il possibile successore di Tonta è difficile trovare qualcuno con la voglia di fare salti di gioia. I problemi che da anni si trascinavano nel sistema penitenziario erano stati affrontati dall'attuale vertice, ma l'emergenza carceraria sembra non permettere di guardare al futuro con ottimismo: troppe le falle all'interno di un meccanismo che avrebbe bisogno innanzitutto di nuovi fondi, e che invece se li è visti scippare dal ministero dell'Interno. Per non parlare delle polemiche riguardanti i braccialetti elettronici (a proposito, da ambienti vicini al premier in via ufficiosa viene riferito che la convenzione con la Telecom, contestatissima in passato anche dall'attuale vicepresidente del Csm Michele Vietti, «è stata confermata per un altro settennato, fino al 2018»), che sono destinate a non finire mai.

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