Dal gennaio 2014 "a regime" la legge per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

Nella previsione di evitare la detenzione ai bambini figli di madri detenute, il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati hanno definitivamente approvato nel 2012 il disegno di legge n. 2568 che richiede “modifiche al codice di procedura penale e alla legge n. 354/1975 relativa alla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori”.
Secondo le previsioni, la legge dovrebbe entrare in vigore all’inizio del 2014, tranne che nel frattempo non si siano trovate le soluzioni “posti disponibili” negli istituti a custodia attenuata. In questo modo e con questa “brillante” soluzione, si eviterebbe di applicare la legge che dovrà entrare in vigore, evitando così di approntare e/o costruire istituti idonei a “soddisfare” l’esigenza genitoriale dei minori detenuti assieme ai genitori.
Fa scuola di grande civiltà penitenziaria l’istituto a custodia attenuata di Milano che, di fatto, favorisce il rapporto madre-figlio durante la loro detenzione congiunta.
Un disagio inenarrabile quello delle madri e dei loro figli congiuntamente detenuti. Come spieghi, tu madre detenuta, al tuo bambino detenuto assieme a te che “quel” cancello non si può aprire e che da quella porta non si può uscire? Tuttavia la nuova legge consentirebbe alla madre di potere scontare la sua condanna entro i quattro anni presso una casa famiglia protetta o nella propria abitazione, sempre che non ci sia pericolo di fuga o di reiterazione dei reati e appartenenza alla criminalità organizzata.
In siffatta maniera al bambino non viene tolto il diritto di stare con la madre, sebbene gli venga tolto, già a quella tenerissima età, il diritto alla libertà.
La civiltà giuridica, se entrasse in vigore questa nuova legge, impone di evitare, a discrezione del giudice, la custodia cautelare per le donne incinte o per le donne con figli di età fino a 6 anni, consentendo la detenzione domiciliare per le donne condannate con figli di età inferiore ai dieci anni.
Entrerà in vigore la legge? Si terrà conto della necessità di evitare ai bambini il duplice trauma di essere allontanato dalla madre e di vivere in carcere, luogo niente affatto adatto alla sua crescita e al suo sviluppo psico-fisico?
Inoltre occorre necessariamente tenere conto che il luogo detentivo influenza negativamente il rapporto madre-figlio e che le rigide regole detentive limitano anche le capacità genitoriali, lasciando percepire al minore la condizione di privazione assoluta della libertà di pensiero e di movimento.
E per sopravvivere a cotanta tristezza istituzionale non basteranno, come non sono quasi mai bastati, i gruppi pedagogici dell’istituto e gli esperti dell’ufficio esecuzione penale esterna. Un bambino scarcerato ebbe a dire alla madre: “Mamma, non ci dobbiamo passare mai più davanti a questo castello perché mi fa paura”.
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