Da trent'anni l'Italia è fuorilegge: l'amnistia non è solo un chiodo" di Pannella

Non scriverò di carceri italiane. L'orrore di quei luoghi dove vengono costantemente violati diritti umani fondamentali universalmente acquisiti, infatti, è il risultato di una "giustizia" ridotta alla bancarotta, di una "democrazia" che non può più definirsi tale. Esagero? Esagerano Marco Pannella e i radicali che propongono un'amnistia per la Repubblica per realizzare una riforma strutturale della giustizia per far rientrare - subito! - il nostro Paese nella legalità costituzionale italiana, europea, onusiana?
Stiamo ai fatti. Dal 1959 al 2010 la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l'Italia 2.121 volte per violazioni della Convenzione. Il nostro Paese è così al secondo posto su 47 Stati membri del Consiglio d'Europa, dietro la Turchia (2573 violazioni) e prima della Russia (1079) e della Polonia (874). Se però consideriamo i giudizi per l'irragionevole durata dei processi, ecco che l'Italia balza al primo posto con1.139 violazioni. Seguono Turchia con 440 condanne, Polonia con 397 e Grecia con353.
Questi "record", queste "medaglie" tutte italiane, annientano la nostra credibilità in Europa e nel mondo riducendo il nostro Paese ad un osservato speciale che nel corso dei decenni non ha dimostrato il minimo segno di ravvedimento o di impercettibile miglioramento in controtendenza. Fin dall'inizio degli anni '80 il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha constatato numerose violazioni dell'articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo per l'eccessiva durata delle procedure giudiziarie. Trent'anni di violazioni che secondo Strasburgo hanno costituito e costituiscono «un importante pericolo, in particolare per il rispetto dello Stato di diritto».
Quest'anno, nel marzo scorso, non solo è arrivato l'ennesimo ammonimento, ma si è evidenziato il pericolo che la "peste" italiana possa compromettere le istituzioni europee. Le parole del Comitato dei ministri sono state durissime: il malfunzionamento della giustizia italiana «costituisce un serio pericolo per il rispetto della supremazia della legge, che risulta in una negazione dei diritti sanciti dalla convenzione europea dei diritti umani, e crea una minaccia seria per l'efficacia del sistema che sottende alla stessa convenzione». C'è di più: il Comitato dimostra di non fidarsi più dell'Italia e questa volta invita il nostro Stato «a presentare un piano d'azione che, oltre a proposte concrete su come risolvere la questione, contenga anche un calendario che permetta di monitorare attentamente gli effetti delle riforme già introdotte e la tempistica per le misure ancora da introdurre».
In questo quadro devastante che ha come conseguenza che ogni 2,3 famiglie incomba una causa penale o civile che non trova risposte nella nostra giustizia, appare incredibile che tutta la classe politica italiana ignori - o bolli come una resa dello Stato - la proposta di amnistia chiesta dai radicali e prevista dall'articolo 79 della Costituzione repubblicana. Si tratta in realtà dell'unica proposta in grado di far rientrare immediatamente nella legalità le nostre istituzioni consentendo ai magistrati di liberare le loro scrivanie da milioni di procedimenti penali destinati alla prescrizione e di potersi così dedicare ai processi più recenti che invece vengono costantemente rimandati, e allo Stato di destinare le risorse che si liberano all'efficienza della giustizia civile e penale e alla riforma del sistema carcerario oggi fabbrica di torture e di torturati.
Isolato e bandito, Marco Pannella continua ad affermare da una vita che dove c'è strage di legalità prima o poi c'è strage di popoli. E inutile fare gli scongiuri di fronte a questo dramma se la banalità del male rischia di impadronirsi dei nostri cuori e delle nostre menti. L'Europa ha già dato, abbiamo il dovere di non dimenticarlo. Marco prosegue ostinato questo suo percorso di nonviolenza. Immagino il fastidio di molti giornalisti e rappresentanti delle istituzioni all'annuncio che Pannella ha ripreso lo sciopero della fame dallo scorso 8 giugno sull'obiettivo dell'amnistia. Già, dov'è la notizia? E dov'è la notizia per un altro detenuto o agente suicida, il primo con un laccio che si stringe attorno al collo, il secondo con la pistola d'ordinanza? Dov'è la notizia se in Campania c'è una causa civile o penale ogni famiglia? Dov'è la notizia se l'infrastruttura "giustizia" è bloccata con la conseguente negazione di un servizio ai cittadini che è fondamentale in democrazia?
In fondo, basterebbe informazione, conoscenza, ascolto, dialogo, confronto. Insomma, abbiamo bisogno di conquistare quella democrazia che in Italia non c'è. Da troppo tempo.
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