Creare staminali non è così difficile

Più facile di così non è mai stato. Ottenere cellule staminali embrionali a partire da cellule adulte già differenziate. Merito di Yaqub Hanna del Weizmann Institute di Rehovot in Israele e del suo team, che hanno scoperto come, rimuovendo una proteina chiamata Mbd3, si riesce a migliorare l’efficienza di questo processo di riprogrammazione. Passando dall’i% della tecnica impiega finora, quella che è valsa al giapponese Shinya Yamanaka il Nobel per la Medicina nel 2012, al 100%.
Come spiega lo studio, pubblicato su Nature, la molecola era nota da tempo soprattutto per una sua caratteristica molto particolare: se di solito le proteine sono prodotte a seconda delle necessità da tessuti specifici in momenti particolari, questa risulta invece presente in ogni cellula dell’organismo umano, in tutte le fasi dello sviluppo. Tutte, tranne i primi tre giorni dopo il concepimento. In questi tre giorni la cellula uovo fecondata comincia a dividersi e l’embrione che ne deriva è fatto di sole staminali embrionali, cellule ancora non specializzate. Queste cominciano a differenziarsi, dando origine a tutti i tessuti dell’organismo, solo a partire dal quarto giorno, ovvero da quando appare Mbd3. Per dimostrare che ci fosse una correlazione tra la sua presenza e la specializzazione dei tessuti, e dunque che questa potesse in qualche modo avere effetti negativi sulla replicazione delle cellule indifferenziate, gli scienziati hanno provato a rimuoverla prima di mettere in atto il processo che porta alla produzione delle cosiddette staminali pluripotenti indotte, adulte ma dalle caratteristiche embrionali.
Questo processo è stato messo a punto da Yamanaka nel 2006 e consiste nell’inserimento di quattro particolari geni nel Dna di cellule di tessuti già differenziati: un procedimento lungo e tramite il quale meno dell’1% delle cellule trattate torna allo stato embrionale. Rimuovendo la proteina Mbd3 il team è riuscito a ridurre i tempi necessari da quattro settimane a otto giorni, trasformando tutte le staminali utilizzate in pluripotenti indotte. In più, poiché con questo metodo tutte le cellule subiscono il processo contemporaneamente, sarà per la prima volta possibile osservare il cambiamento passo passo e magari svelare alcuni segreti utili per riparare i tessuti danneggiati, trattare le malattie autoimmuni o addirittura, in futuro, creare interi organi da usare per i trapianti.
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