Corsivi

Il Riformista, giovedì 14 luglio
La deputata radicale Rita Bernardini è una delle migliaia di persone che affianca Pannella nel suo sciopero della fame sulla democrazia in Italia, lo stato delle carceri e l'amnistia. Molte di queste persone - carcerati, avvocati, perfino magistrati - hanno digiunato un giorno, alcuni qualcuno di più. L'onorevole Bernardini non mangia da più di quaranta giorni. Ieri era presente a una conferenza stampa che denunciava un altro "caso Cucchi" avvenuto nel carcere di Velletri, in provincia di Roma. La vittima, neanche a dirlo, un cittadino extracomunitario Ismail Lataief. In quella sede Bernardini ha annunciato una interrogazione parlamentare su una singolare e istruttiva vicenda. Prima colazione, pranzo e cena, in tutto per la modica cifra di 3 euro e 80 centesimi. È la cifra sulla base della quale una unica ditta ha vinto l'appalto per la fornitura dei pasti nelle carceri italiane. Con una cifra del genere non si può fornire altro che quella che, con un linguaggio inventivo degno di Cèline, gli ergastolani chiamano da sempre la “sbobba della casanza”. Ma anche la sbobba a quel costo non può offrire ricavi. Come fa la ditta a guadagnare? Facile. Oltre ai pasti ha l'esclusiva degli spacci interni, dove i prezzi sono quelli di un salumiere dei Parioli. Nessuno pretende che i pasti dei carcerati siano a quattro stelle ma la vicenda è indicativa di come la gestione delle carceri produca non solo sofferenze inutili ma anche profitti, ingiusti mi permetterei di aggiungere, per qualcuno.
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