Il contagio del debito condiziona i tassi

Dalla Rassegna stampa

All'inizio di agosto tutte le associazioni che rappresentano i protagonisti dell'economia italiana hanno sollecitato con forza un patto per l'Italia per l'Europa e per l'euro. Il pacchetto per l'Europa, è stato tra l'altro sottolineato in quella sede, va messo in opera senza indugi, in modo da realizzare al più presto l'unione bancaria e finanziaria di Eurolandia oltre che quella fiscale. Perché questa richiesta così pressante? Perché in questo momento esistono contraddizioni all'interno del sistema del credito dell'eurozona che stanno diventando stridenti e che contribuiscono fortemente a peggiorare lo stato di salute attuale e futuro dell'economia reale nell'intero continente.
Ieri la Bce lo ha messo nero su bianco in un testo che ha pubblicato sul suo sito: esistono segni di «un effetto di contagio dal mercato del debito sovrano ai costi di finanziamento delle banche» e questo contagio «ostacola la trasmissione di tassi di interesse più bassi all'economia reale».
La politica monetaria europea risente quindi di un disturbo di trasmissione che indebolisce l'impulso di riduzione del costo del denaro impresso da Francoforte per curare la debolezza del ciclo economico.
E, mentre le banche dei paesi core di Eurolandia sono inondate di capitali che vanno alla ricerca della qualità e di porti sicuri, le banche dei paesi dell'Europa meridionale accusano difficoltà a causa della perdita di valore dei titoli pubblici in portafoglio della riduzione della raccolta, della frammentazione del mercato interbancario dell'Eurozona, delle perdite su prestiti provocate dalla recessione: tutte cose che si traducono in maggiori difficoltà a finanziare il sistema economico.
Per chi avesse nutrito dei dubbi in rapporto a questo tipo di analisi, i dati contenuti nel bollettino statistico sui bilanci bancari pubblicato ieri dalla Banca d'Italia contribuiscono di certo a fugare i dubbi: da queste cifre risulta che nell'arco di un anno la caduta dei prestiti alle imprese italiane è stata dell' 1,5 per cento.
Questa forte flessione è in parte l'effetto di una recessione che da noi picchia molto duro, la diminuzione tendenziale del 2,5 per cento del Pil nel secondo trimestre dell'anno sta lì a dimostrarlo: quel numero rende a questo punto ottimistica la stima formulata nell'ultimo rapporto sul nostro paese dagli esperti del Fondo monetario internazionale (-1,9 per cento per il 2012). E obbliga gli esperti di via Venti Settembre che stanno mettendo a punto per fine mese l'aggiornamento del quadro previsionale da presentare a settembre prossimo a descrivere l'intero 2012, forse, con un meno 2,1 per cento di Pil a fronte del meno 1,2 per cento che il governo si dava come previsione-obiettivo nello scorso scorso mese di aprile.
In parte, però, la flessione del credito all'economia italiana contribuisce essa stessa ad approfondire la recessione e a prolungarla, perché soffoca anche la richiesta di credito da parte delle imprese sane e rende più netta la debolezza della domanda.
Intanto, c'è anche un'altra "spia" del malfunzionamento attuale della politica monetaria di Eurolandia e sta nella rinazionalizzazione dei debiti pubblici.
Anche in questo caso, i dati del bollettino Bankitalia di ieri sono illuminanti: via Nazionale segnala infatti come (sul totale di circa 1600 miliardi) nei portafogli degli istituti vi siano 316 miliardi di euro contro i 302 di maggio e i 237 di inizio anno, quando la Bce concesse 1.000 miliardi nelle due maxi aste di rifinanziamento a tre anni di cui 140 sono andati a istituti del nostro paese.
«Le banche nazionali stanno supplendo alla fuga degli investitori esteri e hanno oramai in portafoglio circa il 20% del totale dei titoli di stato» spiega un analista di una casa d'affari milanese. In un suo recente rapporto Fitch stima che la quota dei titoli detenuta dagli stranieri, che a fine 2011 era al 39% e a giugno dello scorso anno il 46%, sia scesa a maggio 2012 al 32% e attorno ai 500 miliardi di euro.

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