Il commercio estero non può aspettare

Tra le vittime più illustri dei suoi «tagli lineari», il ministro Tremonti a metà luglio ha potuto esibire con un certo orgoglio lo "scalpo" dell'Ice. Un "carrozzone." inutile secondo la valutazione del responsabile dell'Economia, meritevole solo di essere soppresso. Nel frattempo, però, quasi tutte le imprese prive di sostegno pubblico all'export hanno protestato, dimostrando che a qualcosa l'Ice serviva. Per far nascere qualcosa che somigli all'Ice 2, i ministeri dello Sviluppo economico e degli Esteri tardano a trovare un accordo su chi debba controllare la struttura (650 addetti, di cui solo 120 all'estero) e gestire i fondi per i programmi promozionali (nel 2010 con una dotazione di circa 40 milioni si sono attivati programmi promozionali per 120 milioni). Il risultato è la paralisi. Eppure l'export di settori trainanti come la meccanica utensile, la moda e l'arredo contribuiscono a realizzare vari punti di Pil e a ridurre il peso del debito pubblico. L'unico auspicio è che il premier Silvio Berlusconi si astragga dalle vicende personali e riesca a far nascere, subito, un'agenzia pubblica per il commercio estero.
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