Cinema, il sesso è gay

Michael Douglas con le paillettes del pianista Liberace sbanca gli Emmy (Behind the Candelabra, che uscirà il 5 dicembre, ha vinto undici premi). A ottobre vedremo l’incandescente La vie d’Adèle, storia dell’amour fou tra due lesbiche, Palma d’oro a Cannes. E dopodomani sbarca nelle sale con Teodora un altro film a tematica omosessuale, il "caso" che ha messo a rumore l’ultimo festival di Cannes vincendo il premio per la regia al Certain Regard: Lo sconosciuto del lago. Diretto da Alain Guiraudie, prodigo di scene erotiche realistiche mai viste al di fuori del circuito porno, accolto in Francia come un capolavoro e venduto in tutto il mondo, il film è ambientato intorno a un lago con relativo boschetto dove la comunità gay si ritrova per consumare amori occasionali. In un crescendo di tensione, la storia vira sul noir quando viene alla luce lo sconvolgente segreto di uno dei protagonisti. Ma, avverte il regista, «sarebbe riduttivo considerarlo un film omosessuale. Parla del desiderio e dei rischi che siamo disposti a correre pur di soddisfarlo. E’ un grande film romantico». Oggi Lo sconosciuto del lago verrà esaminato dalla censura.
Cosa si aspetta, signor Guiraudie?
«Il divieto ai minori di 18 anni. Ho girato il film consapevole che sarebbe stato censurato. In Francia soltanto ai minori di 16, perché il sesso non è associato alla violenza. Del resto (ride, n.d.r.), i minorenni non hanno mai visto neanche i miei film che non erano vietati!».
Accetterebbe dei tagli?
«No, perché gli atti sessuali non simulati, un paio, sono funzionali alla storia e quelle scene non le ho tagliate né in Francia né altrove. Sarebbe assurdo farlo solo in Italia».
Com’è nata l’idea?
«Volevo descrivere in maniera fedele alla realtà uno di quei luoghi in cui si pratica il rimorchio selvaggio, con i suoi riti e i suoi codici. Io, da omosessuale, li conosco ma a molti spettatori possono apparire fantascientifici. Ed è improprio parlare di comunità gay, non solo perché è inconcepibile fondare un gruppo sull’orientamento sessuale delle persone».
Che intende?
«Quando nel film scompare un ragazzo e nessuno per giorni se ne preoccupa, non va colpevolizzata la comunità gay ma l’intera comunità umana per la sua mancanza di attenzione nei confronti del prossimo».
Il suo film intende ribadire che l’omosessualità fa parte della nostra cultura?
«No, assolutamente. Il miglior modo per affermare questo concetto è non trasformarlo in dibattito. L’omosessualità c’è sempre stata e ci sarà sempre. Lo sconosciuto del lago non è un’opera militante o provocatoria, tantomeno a favore dei matrimoni gay. Semmai è contro il matrimonio in sè!».
Perché ha dato alla natura un ruolo di primo piano?
«Lo sciabordìo delle onde, il mare, il cielo, il vento tra le piante accrescono la sensualità della storia. E la nudità dei personaggi rimanda a una dimensione mitologica primitiva. Se avessi mostrato i miei personaggi al bar o per la strada, avrei banalizzato tutto».
Ha visto La vie d’Adèle?
«Si. Il film mi ha più colpito che commosso. Quando io dirigo delle scene di sesso gay so di cosa parlo perché attingo alla mia stessa intimità. Ma mi domando che senso ha se a farlo è un regista etero come Kechiche».
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