Che cos'è la bioetica

Da anni impegnata nel campo della divulgazione scientifica, la sociologa bolognese esce con un ficcante e documentato libro che mette in luce come l'Italia stia perdendo il treno della ricerca ma anche della tutela dei diritti civili. Ne anticipiamo qui un brano.
È la scienza, con il suo procedere così accelerato, ad averci sottoposto una serie di nuovi problemi, ad averci chiamato a ragionare attorno a questioni, anche piuttosto complicate, in fondo alle quali, però, è possibile trovare argomenti meno complessi e domande che spesso ci poniamo anche senza l'aiuto, a volte interessato e non neutrale, degli esperti. L' inizio della vita, la fine della vita, la ricerca scientifica, la cura e la salute, la gestione delle scarse risorse del pianeta, la questione ambientale sono tutti argomenti che hanno a che fare con le vite di tutti noi, con i nostri diritti e le nostre libertà, quindi non solo con le vite e le libertà delle donne e degli uomini direttamente coinvolti.
Le definizioni di bioetica possono essere numerose: per alcuni essa non dovrebbe neppure esistere e si dovrebbe parlare solo di etica. In questa sede ho scelto quella secondo la quale la bioetica si occupa delle riflessioni e delle discussioni che ci troviamo ad affrontare quando gli sviluppi delle scienze della vita della salute ci pongono problemi nuovi che possiedono una dimensione morale o etica (utilizzo qui i due aggettivi come sinonimi, anche se solitamente non sono considerati tali).
Si tratta di problemi che richiedono scelte e decisioni che, in generale, non sono facili e presuppongono la selezione tra alternative che comportano conseguenze diverse per le nostre vite.
Prima di tutto dobbiamo precisare che la riflessione bioetica coinvolge molte discipline: biologia, medicina, diritto, filosofia, sociologia, psicologia.
Se l'etica ci costringe a rispondere a domande che riguardano cosa possiamo o dobbiamo fare, la bioetica ci impone di trovare una risposta a una domanda un po' diversa: che cosa dobbiamo o non dobbiamo fare delle conoscenze che abbiamo acquisito grazie allo sviluppo della scienza e delle tecnologie?
Tra i primi problemi bioetici, riconosciuti come tali, ricordo il caso di Ann Quinlan, nel 1975: la ragazza era in coma irreversibile e il padre, tutore legale, aveva chiesto che fosse interrotto ogni sostegno vitale. Dopo una lunga battaglia legale, la Corte suprema statunitense diede ragione al padre e la vita artificiale venne interrotta.
La vicenda di Ann Quinlan portò il mondo intero alla consapevolezza che gli sviluppi tecnologici sono in grado di spostare il termine della vita al di là della morte naturale, inducendo una vita artificiale che permette agli organi di continuare a funzionare, anche senza attività cerebrale, senza coscienza, senza vita psichica. Negli anni la discussione bioetica ha affrontato sempre nuovi argomenti, fino a occuparsi persino della gestione delle risorse ambientali. In effetti, più si analizza quali possono essere gli argomenti di cui la riflessione bioetica si deve occupare, più la bioetica diventa semplicemente uno sguardo adatto al modo globale nel quale viviamo. Non sì tratta più di materie eticamente delicate, che solo pochi sono in grado di comprendere, che riguardano solo alcuni cittadini e non altri e delle quali solo gli esperti possono avere le chiavi: la bioetica è solo un modo nuovo di chiamare questioni vecchie. Forse ha ragione davvero chi ha sempre sostenuto che questa è semplicemente la questione etica applicata ai problemi del mondo di oggi; quindi, per affrontarla, dobbiamo dotarci di nuovi strumenti di analisi o, come sostiene Maurizio Mori, di nuovi paradigmi: quelli della qualità della vita e dell'autodeterminazione.
In questi anni mi sono convinta che sarebbe davvero utile per il futuro di tutti che il maggior numero possibile di persone si avvicinasse alla bioetica, alle sue controversie e ai suoi conflitti. E questo non per ragioni filosofiche che, per quanto interessanti, potrebbero non attrarre molti, ma per ragioni strettamente pratiche che riguardano direttamente la vita e la libertà di ognuno di noi.
Questo genere di discussione può portare verso due direzioni molto diverse: verso il paternalismo bioetico, oggi prevalente nel nostro paese, oppure, al contrario, verso il rafforzamento dell'autonomia dei soggetti e verso l' apertura di spazi di libertà di scelta per ciascuno di noi. L'ampliamento delle libertà dei cittadini, infatti, è strettamente legato allo sviluppo dell'intera collettività; nelle democrazie, come dice l'economista indiano Amartya Sen, lo sviluppo di un paese e le libertà dei singoli non sono separabili. La mia riflessione sulla bioetica parte dalla storia della Procreazione Medicalmente Assistita in Italia, perché questa storia ha attraversato le nostre vite, intendo in particolare quella mia e di Carlo Flamigni, e le vite di tanti uomini e tante donne nel nostro paese, costringendoci ad affrontare nuovi temi e nuove sfide che si intrecciano quotidianamente con il progresso scientifico e con la strada che questo progresso sta prendendo. Spero che la nostra esperienza possa essere utile a diffondere nuove conoscenze e, quindi, ad aprire nuovi spazi di libertà.
Dopo tanti anni è ormai tempo che la bioetica esca dalle stanze chiuse dei dibattiti colti; è tempo per la bioetica da supermercato e da bar, per cittadini esperti che, in sostanza, non hanno bisogno di tutori per decidere della propria vita, perché sanno assumere responsabilità e prendere decisioni da soli. È tempo che le persone siano consapevoli dei propri diritti, è tempo di conoscenza: i quattro referendum di giugno 2011, anche se riguardo tematiche diverse, lo hanno dimostrato.
Il libro Il caso Italia
Con il ginecologo Carlo Flamigni, Marina Mengarelli lavora da tempo nello studio dei progressi biomedici e delle ricadute sociali che toccano da vicino la vita dei cittadini. Alla luce di annidi ricerche sul campo, la sociologa e docente dell'Università di Urbino ha scritto un importante volume A che serve la bioetica?(L'Asino d'oro edizioni, pag. 146, 46,12 euro) in libreria dal 7 ottobre.
Un libro che chiarisce il ruolo chiave della bioetica nel dibattito pubblico dei nostri giorni. Lungi da essere una materia solo per accademici, infatti, la bioetica è una disciplina nata per aiutare il cittadino e le istituzioni nelle questioni più delicate che riguardano questioni scientifiche cosiddette "eticamente sensibili". Dando informazioni e strumenti per prendere decisioni importanti che riguardano un ampio spettro di questioni, dall'inseminazione artificiale al fine vita. Ma come è ben noto, in Italia la discussione circa questi ambiti non è affatto libera da strumentalizzazioni ideologiche e religiose. Mengarelli ben ricostruisce qui ripercorrendo la storia della bruttissima legge 40 sulla fecondazione assistita e la vicenda del referendum (che una massiccia propaganda della Cei nel 2005 contribuì a far fallire).
Ma la gravità del "caso Italia" si evince anche dal documentato quadro che Mengarelli traccia, confrontando il funzionamento dei comitati di bioetica nel Bel paese e nel resto d'Europa, Un quadro che drammaticamente descrive l' Italia come il fanalino di coda nella ricerca.
I proventi del libro saranno interamente devoluti dall'autrice all'Associazione Luca Coscioni.
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