Carceri, la resa dello Stato

Dalla Rassegna stampa

La settimana scorsa è finalmente approdato in aula, alla Camera, il disegno di legge delega al Governo in materia di decarcerarizzazione a lungo rimasto al palo. Il provvedimento che nelle intenzioni del ministro della Giustizia Severino dovrebbe rappresentare la "seconda gamba" del pacchetto di interventi volti a contrastare il sovraffollamento carcerario, dopo il decreto che, con risultati scadenti, ha esteso da 12 a 18 mesi il residuo di pena da poter scontare ai domiciliari. E che tuttavia è rimasto orfano, il ddl, di una materia tra le più urgenti e necessarie: quella relativa alle depenalizzazioni. Stralciata, e quindi dirottata su un binario morto o quasi, perché chiaramente inefficace. Così come era stata formulata, infatti, avrebbe interessato non più di un migliaio di procedimenti l'anno. Mentre un progetto di depenalizzazioni più incisivo avrebbe richiesto un coraggio che alle nostre istituzioni continua ancora adesso a mancare. Quella che emerge dalla discussione tardiva di proposte del tutto inadeguate e prive di forza, rispetto alle riforme di cui avrebbe realmente bisogno la macchina della giustizia, è dunque la resa dello Stato. Come l'ha definita la deputata radicale Rita Bernardiní. Che in risposta a questa e a tutte le altre occasioni mancate, e per ribadire la richiesta di un'amnistia, ha dato inizio con la segretaria dell'associazione il Detenuto Ignoto Irene Testa a uno sciopero della fame alternato a quello della sete. Rafia Cucchi si è chiesta come sia possibile che in un paese civile, in una democrazia, si debba arrivare a tanto per scuotere le coscienze e richiamare le istituzioni alla legalità. Lei, che per sollevare l'attenzione sulla morte brutale e assurda del fratello Stefano ha dovuto rendere pubbliche le foto del suo corpo esanime martoriato. Per strapparla al silenzio nel quale quasi sempre sono confinate le vite che giorno dopo giorno si spengono dietro le sbarre, come candele consumate. È accaduto tre volte nell'arco di 24 ore - le stesse in cui la Camera era impegnata nel dibattito sul ddl delega - a Firenze, Prato e Siracusa, dove 2 detenuti si sono impiccati con il filo della tv e uno con un sacchetto della spazzatura.

Mentre un quarto è morto sotto i ferri durante un'operazione effettuata d'urgenza al Policlinico Umberto I di Roma. Il suicida di Firenze era uno spazzacamino di 47 anni che in seguito a una trasfusione aveva contratto l'Aids, come ha reso noto l'avvocato. Il suo è il 50esimo suicidio in carcere di quest'anno. 135 è invece il numero totale dei decessi (mentre scriviamo).

 

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