Carceri, l'emergenza chiede riforme vere

Dalla Rassegna stampa

Il digiuno di Marco Pannella non può trovare nessuno impreparato. Era annunciato, tanto quanto il disastro delle carceri. Il sovraffollamento fa strage, e non solo di detenuti (un suicidio ogni 6 giorni, 1.000 tentativi di togliersi la vita, 5.600 atti di autolesionismo). Fa strage dei diritti fondamentali della persona, dell'onorabilità di una nazione, della dignità di un popolo, del suo riconoscersi in uno Stato di diritto.

Da anni è un'emergenza nazionale, denunciata dal Capo dello Stato, conclamata da tutte le forze politiche, certificata dalle istituzioni europee. Eppure, non si vuole cambiare passo. Anzi, sembra che si stia tirando la corda per poi essere "costretti" a varare un'amnistia (un regalo più a chi ha pendenze con la giustizia che ai detenuti), senza voler cogliere l'occasione per costruire - con misure strutturali più volte invocate dal Capo dello Stato e impostate dal governo - un carcere rispettoso dei diritti e della sicurezza collettiva. Questo è il bivio davanti al quale ci troviamo. L'emergenza non tollera più rinvii. Ma se la clemenza sembra la via obbligata, rischia di diventare un alibi per seppellire le riforme necessarie per non ritrovarci tra qualche anno nella stessa emergenza. L'alternativa è un decreto legge. I presupposti di necessità e urgenza ci sono, purtroppo. E ci sono anche le norme. Non emotive, non becere. Ma studiate, approfondite, ponderate dalla Commissione Csm-Ministero-Magistrati di sorveglianza, e confluite in un articolato già in mano al Ministro. Le carceri si svuoterebbero di 10mila unità, dando a chi rimane o a chi vi entrerà, l'opportunità di scontare una pena sensata, in funzione del reinserimento sociale.

 

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