Carcere, per l'amnistia firma anche la garante. La Forestan al presidio dei Radicali: «Situazione d'illegalità»

«Non so quale sia la soluzione. So solo che così non si può andare avanti perchè in questo modo si crea uno stato d'illegalità...». Margherita Forestan forse non sa quale sia il rimedio. Ma da dove iniziare a cercarlo un'idea chiara ce l'ha. Tanto che ieri mattina ha preso una penna e ha messo una firma. Una firma non qualsiasi, la sua. Quella del garante dei diritti dei detenuti. Apposta su una richiesta pesante, per un sistema carcerario come quello italiano che ormai è asfittico di tutto. Di spazi, di dignità, di luoghi. E, di conseguenza, di diritti.
La richiesta, voluta e portata avanti dal partito Radicale, di un'amnistia «per la riforma della giustizia civile e penale». Un modo per trovare una soluzione a quel sovraffollamento che sta facendo implodere le carceri italiane e al quale la casa circondariale di Montorio non è immune. Ha la cadenza di una litanìa, ormai, la realtà in cifre di quella che dovrebbe essere una «casa circondariale», con detenuti in attesa di giudizio e con pene confermate non superiori ai cinque anni, nato sulle ceneri di quello che sarebbe dovuto diventare un carcere di massima sicurezza. Inadeguato da sempre, Montorio. Ancora più inadeguato da quei detenuti che ormai si ammassano. Ce ne sono, attualmente, 809, a fronte di una capienza regolamentare di 527 e di una «capacità tollerabile» di 777, definita dal ministero della Giustizia come «soglia massima di sopportabilità ricettiva».
Quattro o cinque per una cella, con uno spazio vitale che la legge non consentirebbe neanche per un canile. «La doccia - spiega la Forestan - se la fanno tutti i giorni quelli che lavorano e i malati. Gli altri un giorno sì e uno no». E tra le mura di cemento i quaranta gradi sono la temperatura media. «Non ce ne sono abbastanza, di docce. Solo il quarto piano ha celle con l'impianto per lavarsi. Entro i prossimi tre anni, grazie a un finanziamento, speriamo di avere una doccia per cella».
Eccola l'estate in carcere a Montorio. Dove, come in tutte le altre galere d'Italia, ad essere asfittico non è solo lo spazio. Scarseggiano beni come la carta igienica, il sapone per lavarsi, la candeggina necessaria per garantire l'igiene. «Quando finisce la fornitura carceraria - continua la Forestan - abbiamo il mondo della solidarietà e del volontariato che ci viene incontro». Insomma, sono i veronesi di buona volontà a mettere la pezza dove lo Stato non arriva. Non ha solo firmato l'appello per l'amnistia, il garante dei detenuti del Comune di Verona.
Con gli altri garanti d'Italia ha sottoscritto anche una lettera a Napolitano in cui si chiede di fare qualcosa. «Sono convinta che si debba trovare un modo per risolvere la situazione - dice - perchè così non si piò andare avanti. E' necessario fare un salto di qualità, non so se con un nuovo ordinamento giuridico o con l'indulto. Ma è necessario farlo...». Ne sono convinti anche i detenuti che lei vede ogni giorno. Quelli che hanno partecipato alla sciopero della fame dal 18 al 21 luglio. Non hanno mangiato per quattro giorni, i galeotti di Montorio. Tutti, tranne quelli che erano ricoverati in infermeria. Sempre per sostenere l'iniziativa dei Radicali e per provare a far conoscere i loro problemi. Tutto il cibo «fresco» che non è stato utilizzato è stato dato alla Caritas, che lo ha utilizzato nelle mense cittadine. Non riescono a fermarla neanche le sbarre di una cella sovraffollata, la solidarietà.
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