Carcere killer, un morto e tre tentati suicidi

Dalla Rassegna stampa

È come al solito un bollettino di guerra, in estate come e più di sempre, la cronaca dalle carceri italiane. Solo negli ultimi tre giorni si segnalano un morto e tre tentativi di suicidio. Due gli istituti penitenziari in questo caso sotto i riflettori: il carcere di Campobasso e quello di Perugia. A Campobasso un detenuto italiano di 50 anni ha tentato di impiccarsi attorno alle 13 di mercoledì, mentre nella serata dello stesso giorno un giovane di 30 anni ha ingerito alcune lamette. Soccorsi in tempo dalla Polizia penitenziaria non risultano in pericolo di vita. «Siamo di fronte a fatti che confermano il malessere che si registra nelle carceri italiane» ha commentato Aldo Di Giacomo del Sappe: «Oggi siamo riusciti a salvare due vite, domani non si sa». Il sindacalista ha anche denunciato l'imminente trasferimento di 12 colleghi, su un organico già esiguo. Più grave il bilancio a Perugia dove, sempre mercoledì sera, un detenuto tunisino di 24 anni è finito in ospedale dopo aver a sua volta ingerito lamette, poche ore dopo il decesso nella notte tra martedì e mercoledì di un compagno di prigionia. L'uomo, trentaseienne, originario di Rieti, è morto inalando gas da una bomboletta nella sua cella: forse la disperata manifestazione di una tossicodipendenza che il carcere non fa nulla per alleviare, o forse un tentativo di suicido perpetrato con successo. In ogni caso un evento che sottolinea la condizione che si vive nel carcere di Capanne, testimoniata dai deputati Pd Bocci e Verini che l'hanno visitato ieri mattina: in 22 celle altrettanti detenuti dormono su materassi di gommapiuma appoggiati a terra. Nel braccio maschile ci sono 50 reclusi in più (455 detenuti contro i 406 previsti), al femminile le detenute sono 83 quando il limite è di 59 (in due celle convivono 6 donne). La metà dei detenuti a Perugia sono ancora in attesa di giudizio, «il 65 per cento», denunciano i due parlamentari, «è extracomunitario e soffre di problemi di tossicodipendenza». Più in generale le piante organiche degli istituti di pena di Perugia, Terni, Orvieto e Spoleto, parlano di 700 detenuti, ma ce ne sono 1.751, di cui 675 residenti in Umbria. «Il sovraffollamento», evidenziano Liliana Chiaramello e Andrea Maori, dei Radicali di Perugia, «determina conseguentemente difficoltà di organizzazione e gestione delle strutture detentive in cui i reclusi sono quotidianamente sottoposti a torture ancor più aspre in un mese, come questo in corso, in cui caldo e umidità in spazi limitati soffocano il respiro e costringono a uno stato a dir poco disumano». Una situazione limite che, dichiarano i due esponenti radicali, pone il problema di fondo di una «radicale e urgente riforma della giustizia e della sua appendice penitenziaria, quella che noi come Radicali proponiamo da anni, quella che chiediamo diventi una priorità rispetto ad ogni altra urgenza della politica del nostro Paese».

Ma il tema non "buca" un'agenda orientata a tutt'altro. Al punto che Marco Pannella ha annunciato la ripresa a breve dello sciopero della fame e della sete interrotto a giugno dopo gli impegnativi segnali di attenzione da parte dei presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato. Segnali di attenzione tradotti poi in un nulla di fatto, nonostante all'appello per l'amnistia lanciato da Pannella avessero aderito in data primo agosto 671 personalità, tra cui 371 parlamentari (il 39 per cento, bipartisan, del totale di deputati e senatori). Probabilmente il vecchio leone radicale riprenderà a digiunare alla fine di questa settimana: l'ennesima, estrema iniziativa di protesta «tesa», spiega, «a riportare le carceri italiane in condizioni di legalità». Anche a costo di riconvocare le Camere «entro, e non oltre, l'estate». Intanto in carcere si continua a soffrire e a morire: solo nell'ultimo anno, secondo il dossier di "Ristretti orizzonti" (aggiornato però, attenzione, allo scorso 24 luglio) 113 morti, di cui 38 suicidi. Dal 2000 a oggi, sono dati che ripetiamo come una litania, più di 1800 vittime (più di un terzo suicidi). È sufficiente come strage?

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