Il carcere che da 25 anni aspetta di essere riempito

Dalla Rassegna stampa

Le luci si accendono puntuali, alle prime luci della sera. E si spengono ogni mattina, al sorgere del sole. I dieci agenti penitenziari in servizio al carcere di Gela non sgarrano mai con l'interruttore, come i diplomatici vaticani impegnati a dimostrare - nell'«Habemus papam» di Moretti - che gli appartamenti del pontefice sono abitati. Ma qui c'è poco da raccontare. Lo sanno tutti, nella città del petrolchimico e dell'abusivismo, che il penitenziario è vuoto da sempre. Che non c'è un solo detenuto nelle 48 celle pulite, arredate e con bagno privato. Che ad abitarci sono soltanto loro, i guardiani della luce.

«Anche questa volta non se ne farà niente», sussurrò la gente del posto ai cronisti arrivati lì il 26 novembre del 2007 per la visita dell'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, venuto a ritirare solennemente le chiavi del carcere durante la cerimonia ufficiale che sanciva il passaggio dal demanio comunale a quello dello Stato. Mancavano solo la banda e i tamburinai, quella volta. Anche se a fare notizia furono più gli strali del Guardasigilli contro la fiction su Riina e la protesta dei magistrati di Gela (su cinque sostituti ne mancavano quattro) che la fine dell'incantesimo sull'eterna incompiuta.

Forse perché non ci credeva nessuno che l'edificio progettato negli Anni Cinquanta, approvato nel 1978 e iniziato nel 1982, avrebbe davvero visto la luce dopo un quarto di secolo dalla posa della prima pietra. E dopo appalti su appalti, stop ai lavori, adeguamenti. O forse perché qualcuno sapeva che in quel carcere mancavano ancora la cucina, la lavanderia, il potenziamento dell'allaccio idrico e che quindi - arrotolati i tappeti rossi, andato via il ministro - non sarebbe cambiato nulla. Di sicuro la kermesse fu archiviata nel capitolo delle inaugurazioni alla siciliana: spettacoli, messe in scena, «annacamenti», cioè ancheggiamenti tanto vanitosi quanto fini a se stessi. Così, niente di cui stupirsi se di inaugurazioni da allora ce ne sono state altre due, o meglio una e mezzo: la prima, in tono minore, pochi mesi dopo dell'arrivo di Mastella, con l'effettiva presa in carico della strut- tura da parte dell'amministrazione penitenziaria. La mezza, con l'annuncio dell'apertura per il 1 ° luglio 2010 da parte del provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, Orazio Faramo, e del successivo «breve slittamento» comunicato dal sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, per gli ultimi ritocchi agli impianti di sicurezza. Mezza, perché si capì ben presto che era una finzione scenica.

Ma dopo 25 anni e sei milioni e mezzo di euro spesi, oggi il carcere è ancora vuoto, mentre il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il sindaco si rinfacciano le responsabili- tà della mancata apertura. «Il problema è un insufficiente approvvigionamento idrico», sostengono i primi, fermi a una vecchia puntata della telenovela. «Macché, è tutto a posto da tempo - replica il primo cittadino, Angelo Fasulo a, mancare è soltanto il personale». Già, ottanta agenti penitenziari contro i dieci che oggi sorvegliano il nulla. Un caso non unico, secondo Radio radicale, che di recente ha contato duemila posti costruiti o ristrutturati in tutta Italia con il «Piano carceri» e rimasti inutilizzati: il nuovo padiglione a Cuneo, che potrebbe contenere 400 detenuti, vuoto. Quello nel carcere di Velletri per 200 reclusi, vuoto. Il nuovo carcere di Rieti, semivuoto. L'ala appena realizzata a Nuoro, vuota. E così quella ad Avellino, con 230 posti, vuota. E ancora, in Sicilia, i reparti di Enna e di Barcellona Pozzo di Gotto. Infine, appunto, la storica incompiuta di Gela. Alla faccia dei 67 mila detenuti che scoppiano nelle carceri in Italia.

Qui, la storia di quest'edificio è un amarcord: quando fu concepito, Gela era salubre e con una spiaggia d'oro da fare invidia ai Caraibi. Quando venne approvato, nel 1978, la memoria dell'austerity era ancora vicina e il petrolio siciliano sembrava la pepita dei cercatori d'oro. All'avvio della costruzione, il sogno era già svanito e al suo posto c'era l'aria ammorbata dai fumi e una cittadina cresciuta senza regole. Roba da trasformare il carcere in un museo della memoria.

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