Cancellieri: “L’amnistia? Un grande aiuto”. Via libera al decreto carceri

Lo dice con nettezza: “In questo decreto legge non c’è niente né pro, né contro Berlusconi”. A palazzo Chigi, il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, difende la sua manovra sulle carceri - 6mila detenuti in meno in due anni grazie a più domiciliari, lavoro esterno, permessi premio - da chi ci vede regali o possibili danni per il Cavaliere. Il suo, per come lo racconta, è solo un intervento col bilancino per ridurre di qualche migliaio l’esorbitante popolazione carceraria, i famosi 66mila detenuti in luogo di 47mila. Ma in tempi di processi e di sentenze pesanti contro l’ex premier, se ci si occupa di misure alternative, e per giunta si pronuncia anche la magica parola “amnistia “ per due volte nel giro di una sola settimana, le valutazioni dietrologiche sono praticamente obbligatorie. Soprattutto se, come non bastasse, il Cavaliere potrebbe anche perdere anzi tempo la protezione e le guarentigie di parlamentare per via della battaglia sulla sua ineleggibilità, che ieri ha mosso in primi passi al Senato. “Sono ancora convinta della necessità dell’amnistia” dice Cancellieri. Per chi non avesse capito insiste: “Darebbe un grande aiuto”. Spiega che solo con un taglio drastico dei detenuti si possono rimettere in sesto le carceri ed evitare la mannaia di una definitiva condanna della Corte di Strasburgo tra un anno. Tutto qui? Solo una valutazione tecnica, oppure Cancellieri sta costruendo un tassello di un più ampio salvacondotto per Berlusconi? Dietro le sue parole, a parte i Radicali da sempre favorevoli, si sta coagulando un fronte trasversale pronto a votare in Parlamento per il gesto di clemenza? Dallo staff del ministro arriva un’interpretazione minimalista, quando parla di amnistia Cancellieri esprime solo una valutazione tecnica, dice un fatto oggettivo, non ha in mente Berlusconi. Semmai mette in guardia il Paese dai rischi che derivano da una situazione fisicamente esplosiva. Lei - da prefetto prima e da ministro dell’Interno poi - calibra il pericolo di possibili rivolte da un lato, e di un’Europa che ci sanziona definitivamente. Dunque non esisterebbe un asse Cancellieri-Napolitano, cui il ministro è notoriamente legato, per mettere in sicurezza il Cavaliere. Chi ne ha parlato con lei lo esclude con nettezza. Eppure l’amnistia sarebbe una panacea, se davvero arrivasse in tempo, per anestetizzare le condanne. La stessa trattativa per condurla in porto oscurerebbe qualsiasi altro tentativo per liberarsi di Berlusconi, come nel caso dell’ineleggibilità. Una partita cominciata appena ieri, con grandi incognite e possibili colpi di scena, sicuramente destinata a spaccare malamente il Pd.
La giunta per le autorizzazioni del Senato, presieduta dal vendoliano Dario Stefano, ha cominciato il suo lavoro in sordina. Ecco i dieci ricorsi provenienti dal Molise per far decadere Berlusconi. Ce ne sono anche per altri senatori, solo 11 Regioni risultano indenni. Parte la procedura che garantisce casualità tra il relatore e le Regioni. Gli accoppiamenti vengono fatti tenendo conto dell’ordine alfabetico per le Regioni e dell’anzianità per i senatori. Il caso Berlusconi finisce nelle mani di Andrea Augello, ex An, ora Pdl, ma con fama di uno che del Cavaliere non parla affatto bene. La suspense è d’obbligo. Se la commissione dovesse votare positivamente la relazione di Augello, sia che egli valuti o non valuti eleggibile l’ex premier, se ci fosse piena concordanza, il caso andrebbe subito in aula per il responso finale e i tempi potrebbe anche essere stretti. All’opposto, in caso di discordanza, verrebbe nominato un nuovo relatore e il comitato inquirente, al cui vertice ieri è stata nominata la Pd Stefania Pezzopane, procederebbe agli ulteriori accertamenti. Ma è evidente che, su una procedura così complessa, peserebbe il contemporaneo dibattito sull’amnistia.
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