C'è un romanzo criminale dietro la morte del killer dei cinesi

Lo hanno trovato impiccato: uno dei due ricercati per la rapina avvenuta il 4 gennaio scorso nel quale morirono Zhou Zheng e la figlioletta Joy di appena nove mesi. Si chiamava Mohamed Nasiri, l'impiccato: appeso a una corda legata con un gancio a un'arcata di un capannone agricolo abbandonato. Gli inquirenti dicono che si tratta di un suicidio, e che la morte risale a tre o quattro giorni fa. E perché Mohamed si sarebbe impiccato? E come si fa a dirlo, come si fa a sapere cosa può passare, a volte, perlate sta di una persona? E il complice? Chissà, forse già all'estero...
A Tor Pignattara di come Zheng e la figlioletta Joy sono stati assassinati, in certi ambienti, raccontano un'altra storia. Una storia che forse è un romanzo. Ma è un romanzo?
Raccontano che Zhou Zheng quella sera non era da solo; stava rincasando, aveva la figlioletta in braccio e con sé quella borsa colma di denaro ricavato dalla sua attività. Tanto denaro, quello che gestiva e raccoglieva. E non troppo lontano persone con l'incarico di fare sì che non accadesse nulla di spiacevole. Però quella sera non hanno saputo e potuto impedire che accadesse quello che è accaduto. Zhou Zheng e la figlioletta Joy vengono colpiti a morte; e i due magre bini tentano la fuga.
Sono però subito presi da quelli che avevano l'incarico di proteggere Zhou Zheng. La borsa col denaro non interessa più di tanto, il denaro va e viene; ma quei due nord africani no, loro: catturati e portati in luogo sicuro, loro devono parlare, perché ci sono tante cose da spiegare e da capire. Come mai, per esempio, due magrebini una sera decidono di rapinare Zhou Zheng, e la rapina si conclude in modo così cruento e sanguinoso? Sono solo due balordi, o dietro e sotto c'è altro? Perché in certi ambienti di Tor Pignattara la legge è un'altra legge, non scritta dai codici; e l'ordine è un altro ordine garantito e assicurato da persone che non indossano una divisa, ma sanno come farsi rispettare. In certi ambienti del quartiere hanno stabilito una sorta di convivenza, di "vivi e lascia vivere" tra i boss di sempre e quelli nuovi, venuti da lontano e ormai insediati. Ma l' equilibrio raggiunto è minacciato da altre bande, che vogliono imporre la loro legge, il loro ordine. La rapina in cui sono morti Zhou Zheng e sua figlia Joy è un episodio, il più cruento e crudele di questa lotta tra il "vecchio" e il "nuovo" equilibrio? In certi ambienti di Tor Pignattara la storia la raccontano così.
Raccontano, in questi ambienti che i due sono stati torchiati a dovere; e da giorni in quegli ambienti non davano un centesimo per la loro vita; immaginavano, o sapevano che fine potevano aver fatto. E di uno ora lo sappiamo: appeso a una corda, impiccato. È un romanzo? Forse.
Ma non è un romanzo che da settimane, da mesi Roma è teatro di uccisioni, ferimenti, pregiudicati che vengono ammazzati. Vecchi equilibri che si sono infranti, bande che si contendono territorio e traffici. Vecchia criminalità romana e nuove bande che ancora non hanno raggiunto un equilibrio e si combattono. Forse la rapina finita con la morte di Zhou Zheng e sua figlia Joy non c'entra con questo scenario; forse davvero sono rimasti vittime di due balordi che l'hanno fatta troppo grossa; forse davvero Mohamed non ha retto la pressione su di lui e il suo complice e ha preferito farla finita legandosi una corda al collo. Forse. Ma in certi ambienti di Tor Pignattara raccontano un'altra storia. E se quell'altra storia non è un romanzo, allora ce n'è di che essere preoccupati e inquieti. Preoccupati e inquieti perché si spara; e ancor più preoccupati e inquieti quando si finirà di sparare, perché significherà che non c'è più bisogno di farlo, che si sono raggiunti accordi e intese. E si può facilmente immaginare di che tipo.
Che Roma, e non solo Roma, sia diventata terra di conquista e di lotta senza esclusione di colpi delle bande criminali, i radicali lo dicono da anni; quella che sembrava una fantasia, un "romanzo", è ora una realtà da tutti riconosciuta. Peccato che questo riconoscimento sia arrivato tardi e si sia così perso tempo prezioso, e che ancora oggi non sappia tradursi in concrete politiche di contrasto al crimine organizzato. Anche quello che abbiamo raccontato, raccogliendo voci e confidenze raccolte in certi ambienti di Tor Pignattara è un romanzo? Forse, chissà, può essere. Ma se ancora una volta non fosse un romanzo?
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