Bimba in affido a coppia gay: «Una svolta»

«Finalmente un giudice mette fine a una lunga ipocrisia». Così le Famiglie Arcobaleno, associazione che raccoglie genitori omosessuali, salutano le novità degli ultimi giorni. A cominciare dalla pronuncia del Tribunale dei minori di Bologna, che ha dato il via libera all’affidamento di una bimba di tre anni a una coppia gay. Affido temporaneo, regolato da leggi diverse e meno stringenti di quelle per l’adozione - consentita solo alle coppie sposate, e dunque preclusa a quelle omosessuali -, ma che rappresenta comunque una svolta.
«È la prima volta che un tribunale procede a un affido esplicito a una coppia omosessuale» spiega Giuseppina La Delfa, presidente delle Famiglie Arcobaleno, finora infatti ci sono stati molti casi di affidamento a single omosessuali, «un dato di fatto che non era una novità se non per chi non voleva vedere». E infatti, sulla scia del pronunciamento di Bologna emergono storie come quella in arrivo da Genova, dove una bambina di 10 anni già da cinque è stata affidata alla vicina di casa di sua madre, vicina di cui i giudici hanno confermato l’idoneità anche quando ha chiarito di convivere con la propria compagna. Con loro la bimba ha ritrovato la serenità. Nel caso esaminato sotto le due torri invece si tratta di due uomini di mezza età, forti di una lunga convivenza, che hanno chiesto insieme l’affido. Sono stati giudicati «stabili e affidabili» dai servizi. Ma soprattutto, e qui sta il punto, si tratta di due persone che la piccola in questione frequenta da tempo - e i tre convivono già da alcuni mesi per il cosiddetto periodo di prova- , che lei chiama «zii» a dimostrazione di quanto è loro affezionata. Persone in grado di garantirle «benessere e serenità», proprio come chiede la normativa sull’affido, in attesa che possa riunirsi alla sua famiglia naturale.
Una scelta, quella del Tribunale, «semplice e naturale». E che invece è stata accolta - anche - dal consueto coro di commenti drastici, «orribili e a vanvera», accusa La Delfa. Il leghista Matteo Salvini tuona che «è assurdo, qualcuno vuole un mondo alla rovescia». Contrarie anche la pasdaran Pdl Eugenia Roccella, e l’Udc-Sc Paola Binetti, sorpresa dal fatto che «non ci fosse qualche altra famiglia idonea e con capacità», come dire: un’altra famiglia, purché eterosessuale. «La realtà è molto più semplice e molto più tranquilla», ribatte La Delfa senza nascondere un po’ di rabbia per chi «non vuole vedere che l’affetto, la cura, il rispetto costituiscono il 99% delle nostre vite come di quelle di tutte le altre persone, e contano più degli orientamenti sessuali. In Italia ci sono 100 mila bambini cresciuti dai loro genitori omosessuali, se davvero avessero più problemi degli altri se ne scriverebbe tutti i giorni. Non è così, e dobbiamo ancora ricordare che il 90% di loro crescono eterosessuali, la stessa percentuale che vale per i figli cresciuti con coppie etero».
TRE SEGNALI FORTI
Basterebbe poi tenere presente che tutte le legislazioni europee tutelano la genitorialità omosessuale, «possibile che solo in Italia le coppie gay e lesbiche non sappiano crescere dei figli?». La decisione del Tribunale di Bologna svetta insomma sopra la politica, «è un segnale straordinario e molto bello, del resto la società italiana è già più avanti. Ed è un segnale forte anche il questionario mandato nelle parrocchie da Bergoglio: il problema non è più chiudere porte, ma chiedersi come accogliere e tutelare i bimbi che crescono in queste famiglie». La conclusione non può che essere una, «è ora che pure il Parlamento si ponga queste domande. E che si parli di adozione anche per le coppie omosessuali». Un tema su cui sabato si è pronunciato il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Vincenzo Spadafora: «È ormai giunto il momento che nel nostro Paese si apra un dibattito in tema di diritti civili e quindi anche un confronto sulle adozioni alle coppie omosessuali». Un altro segnale che fa sperare.
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