Aggressione razzista nel carcere di Marassi

Pestaggio con connotazioni razziste con la vittima salvata dagli agenti di polizia penitenziaria e, ancora una volta, la situazione del carcere di Marassi (790 detenuti, oltre il doppio della capienza di 435 con 150 agenti mancanti in organico) esplode ancora una volta in tutta la sua drammaticità. A pochi giorni dalla fiaccolata promossa dai Radicali. E, sempre lunedì, il tentativo di suicidio per impiccagione di un altro detenuto marocchino è stato sventato dalla polizia. A denunciare gli episodi è stata la Uilpa penitenziari. L'aggressione (otto detenuti italiani contro un maghrebino) si è verificata lunedì attorno alle 14 e solo due ore dopo gli agenti sono riusciti a riportare la calma.
«Sistemando in una posizione non a rischio l'aggredito – spiega Fabio Pagani, segretario regionale Uilpa - Scelta non facile in un carcere dove, ovunque si guardi, c'è un problema». L'aggressione avrebbe avuto, secondo gli agenti, una connotazione anche razzista.
«Così sembra emergere dai primi accertamenti (gli otto aggressori sono stati denunciati) - conferma Pagani - I problemi di convivenza quotidiani sono pesanti, sia per problemi di rapporti interetnici sia, a volte, per le diverse posizioni giudiziarie dei reclusi». Teatro dell'aggressione la VI sezione al quarto piano. «L'intervento dei colleghi è stato fondamentale perché hanno sottratto il detenuto al pestaggio avvenuto nella sala socializzazione. Tutte vicende che confermano la gravità della situazione di Marassi. La VI sezione ospita detenuti in situazioni particolari, alcuni devono essere protetti per le loro posizioni processuali o per la loro appartenenza etnica in un carcere «dove il 30-40% dei detenuti è straniero».
Detenuti che vivono in cella di 20 metri quadri con brande a tre piani («Tra il mio volto e il soffitto ci sono venti centimetri» ha scritto un detenuto al SecoloXIX), in sconto pena o in attesa di giudizio per reati contro il patrimonio e lo spaccio. «Il livello di sicurezza è ridotto al minimo e gli agenti spesso sono costretti per le carenze di organico a controllare da soli, nel turno notturno, due piani con 150 reclusi». Sottolinea ancora Pagani: «una situazione di estremo disagio che conferma come ogni giorno i colleghi facciano miracoli a loro rischio e pericolo».
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