Acquaviva: l`8 per mille alla Chiesa va ridotto

Dalla Rassegna stampa

ROMA - «No, non è solo una polemica  ferragostana: esiste oggettivamente un  problema sia per l`8 per mille per la Chiesa  cattolica e per le altre confessioni religiose,  sia per le agevolazioni Ici». Parola di  Gennaro Acquaviva (nella foto), che è stato  il plenipotenziario di Bettino Craxi per la  revisione del Concordato del 1984 (che è  alla base del meccanismo in virtù dei quale  oggi sono regolati i rapporti economici tra  Chiesa e Stato). Acquaviva chiarisce cosa  intende dire: «Da almeno 1o anni quella  percentuale (1`8 per mille appunto) è troppo  alta, andrebbe, secondo me, ridotta almeno  di un punto, dall`otto al sette per mille». Ex  senatore socialista che si definisce «figlio  fedele della Chiesa e cattolico praticante»,  vede ora la necessità di un cambiamento.  «Perché - spiega - in questi anni è  cresciuto, e grazie a Dio in maniera  cospicua, il gettito Irpef».

Dalla metà degli  anni Novanta la ricchezza personale degli  italiani è molto aumentata. «Quindi il  meccanismo che avevamo individuato continua  - è andato molto al di là di  quello che potevamo immaginare nell`84, sia da parte italiana  sia da parte della  Cei». Acquaviva non  chiede certo alla  Chiesa di pensare a  «una rinuncia, ma a  una riduzione»,  questo sì, «per  coerenza con lo  scopo dell`8 per  mille». Non c`è alcun dubbio che questi soldi «sono sempre  stati ben spesi e amministrati, senza che  mai siano venuti alla luce episodi neppur  minimi di cattiva gestione», ma secondo  l`ex senatore, mantenendo tutto com`è, «si  tradirebbe lo stesso spirito del Concordato  che è quello di garantire l`autonomia e la  libertà della Chiesa, ma - precisa - non  oltre: l`ammontare del gettito è invece  cresciuto moltissimo».

E quello che  denunciano anche i Radicali. Ma Acquaviva  prende le distanze da quelle accuse: «Il  metodo dei radicali non va bene perché non  si può strattonare in questo modo un  soggetto come la Chiesa cattolica che  letteralmente tiene in piedi e unito il nostro  Paese:  su questo il segretario del Pdl,  Angelino Alfano, ha pienamente ragione. E  una questione di bene comune». Poi  scherza, ma non troppo: «Io dico sempre che se si fermano i preti e le parrocchie si  ferma l`Italia». Eppure qualcosa va  migliorato. «Oggi come oggi si pone il  problema di un gesto autonomo della Cei,  cui il Concordato ha demandato i rapporti  con lo Stato italiano: sta alla Conferenza  episcopale italiana pensare al da farsi, al di  là delle polemiche agostane».

La  commissione mista per rivedere nel tempo  il meccanismo, che fine ha fatto? «Non so  niente e non conosco neppure il nome dei  suoi componenti ma - aggiunge  Acquaviva - quello è un luogo di  valutazione, non di decisione». Quindi non  si può pretendere dalla commissione quello  che essa non può dare: «In sostanza la  prima mossa è in mano alla Cei», come ha  sostenuto sul Corriere Alberto Melloni,  conferma l`ex senatore. Resta poi la  questione delle agevolazioni Ici che  potrebbero essere oggetto di emendamenti  alla nuova manovra. «Le norme attuali sono  troppo ambigue e lasciano maglie troppo  larghe», frutto come sono, nell`opinione di Acquaviva, di un «rapporto di tipo gentiloniano, direi lobbistico, che si è  instaurato nella Seconda Repubblica, tra  Chiesa e Stato». Un`ultima considerazione  scettica riguarda la tesi del complotto,  enunciata in un editoriale di Avvenire, che  starebbe dietro le polemiche di questi  giorni. «Se la massoneria fosse così  organizzata in Italia - conclude - il Psi  sarebbe ancora al potere».

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