IOR . Turco: cambiare tutto per poter far meglio quello che non si poteva più fare. Il Vaticano sarà l’unico paese ostentatamente totalitario a entrare nelle “white list”

Vaticano

Nota stampa di Maurizio Turco, deputato radicale. 

La decisione papale di sottoporre il vaticano e gli enti della santa sede interessati ad una legislazione antiriciclaggio è stata accolta unanimemente con favore dai commentatori che hanno potuto esprimere la propria opinione attraverso i mezzi di informazione. L’unica voce critica, quella radicale, con l’unica eccezione del quotidiano Terra, è stata messa a tacere. Senza nulla togliere alle qualità giornalistiche e tecniche, ed in alcuni casi anche ad una oggettiva autorevolezza in materia, va sottolineato che hanno sottratto alle loro stesse analisi –ancora una volta unanimemente - alcuni dati di contesto oggettivi che fanno la differenza.
 
La questione era ed è lo IOR e la IOR va circoscritta, tutto il resto è aria fritta.
 
Perché lo IOR? Non solo per i fatti cosiddetti noti, ovvero Sindona-Calvi per restare ai cadaveri eccellenti (senza dimenticare, ma per motivi opposti, Ambrosoli), fatti che noti lo sono molto parzialmente. E i fatti non sono noti perché la Santa sede ha sempre invocato l’articolo 11 del Trattato clerico-fascista, per evitare che la magistratura italiana potesse indagare su episodi criminali di interesse della Repubblica italiana. Lo ha fatto e continua a farlo.
Forse da aprile non lo farà più. Forse.
 
Perché lo IOR? Nessuno ha avuto la perizia di sottolineare qual è il suo oggetto sociale: “Scopo dell'Istituto è di provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili ed immobili trasferiti o affidati all'Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati ad opere di religione o di carità.” Per la realizzazione di un simile scopo non c’è bisogno di avere una legge antiriciclaggio: basta appoggiarsi ad una banca di un qualsiasi paese in cui vi siano adeguate normative antiriciclaggio.
 
Perché lo IOR? Prendiamo ad esempio l’ultima vicenda, quella che ha portato i magistrati romani a sequestrare 23 milioni di euro per violazioni delle norme antiriciclaggio. Se ci fosse stata l’attuale legislazione vaticana, non ci sarebbero stati i controlli previsti per le transazioni provenienti da paesi che non hanno norme antiriciclaggio e la transazione sarebbe passata come una comune transazione tra due conti della stessa banca di un paese con una legislazione antiriciclaggio. Non è un paradosso: con la legge antiriciclaggio il vaticano potrà essere ancora più utile ai Sindona e ai Calvi di oggi (purtroppo la magistratura non ha potuto appurare se quanto affermato dal pentito Francesco Marino Mannoia - la mafia riciclava i soldi attraverso la banca del Vaticano – fosse o meno vero: la magistratura non chiede nemmeno la rogatoria: tanto il Vaticano la nega! è la spiegazione.)
 
Ma quello che fa più specie nel catalogo delle omissioni – umanamente comprensibili, per carità! – è quello di evitare accuratamente di analizzare il contesto.
 
Nello Stato città del Vaticano il Capo dello Stato – unico detentore del potere legislativo, esecutivo e giudiziario - promulga la legge antiriciclaggio; nomina i membri dell’organo di controllo finanziario indipendente; nomina i membri di gestione e controllo delle istituzioni finanziarie; nomina i giudici; può bloccare in qualsivoglia momento un processo ed avocarsi qualsiasi decisione.
 
Probabilmente nemmeno la Corea del Nord ostenta in maniera così spudorata, istituzionale, legale l’essere un paese totalitario retto da un monarca assoluto.
 
Conosciamo l’obiezione: il Vaticano non è uno Stato come gli altri ma risponde alla necessità di garantire la libertà di azione delle gerarchie cattoliche.
 
A questa obiezione rispondiamo che sebbene non si possa pretendere che una confessione religiosa sia governata secondo principi democratici è altrettanto improponibile che una istituzione civile accetti che un paese totalitario – solo perché espressione di una confessione religiosa - possa partecipare ad azioni in cui il connotato della trasparenza, del controllo, della democrazia è essenziale.
 
Peraltro eccepire una "eccezione religiosa” in materia rischia di annientare l’istituzione civile che l’accetta e la confessione religiosa che la reclama. Ma comprendiamo: gli affari è evangelicamente noto che non sono del regno di Dio, ma nel regno degli uomini sono pur sempre affari.
 
Tutto questo non interessa agli osservatori politici, ai giornalisti, ai tecnici che hanno somministrato al popolo la buona novella che il Vaticano non renderà più servigi alla criminalità politica e comune (tacendo ed evitando di reclamare che siano resi pubblici quelli sin qui resi).
 
Noi riteniamo invece che queste informazioni siano oggettivamente essenziali alla vita civile del nostro paese e soprattutto dovute ai tanti fedeli cattolici, ed ancor più cristiani, che lo abitano. E a tutti i decisori civili, politici e tecnici.
 

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