Legge Obiettivo, Zamparutti: stop espropri e abolizione del ponte sullo stretto

Ponte sullo stretto

Elisabetta Zamparutti, deputata Radicale in Commissione Ambiente ed Infrastrutture, in merito alla presentazione del 6° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, che include il Ponte sullo Stretto, per la realizzazione del quale è stato recentemente pubblicato il piano espropri, ha denunciato l’insensatezza di avviare ora le procedure di esproprio viste le crescenti difficoltà finanziarie dell’opera, senza contare i danni ambientali.

Su questo ha presentato un’interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio, al Ministro delle Infrastrutture e al Ministro delle Finanze per chiedere di non procedere agli espropri e di riconsiderare la realizzazione complessiva dell’opera ai fini del risanamento della finanza pubblica. In proposito ha dichiarato:

“L’unica opera che il Ponte dello Stretto vuole realizzare è quella, onerosa, dei contratti, delle consulenze, degli studi di fattibilità e dei favori agli amici degli amici che pagheranno gli italiani. Per questo – ha concluso – si prenda atto dell’insostenibilità finanziaria ed ambientale dell’opera e si eviti di sperperare altro denaro pubblico a partire da un assolutamente inutile processo espropriativo e si cancelli l’opera dalla legge obiettivo.” 

Segue testo interrogazione depositata:

 Al Presidente del Consiglio

Al Ministro delle Infrastrutture

Al Ministro delle Finanze 

Premesso che: in base al 6° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, risulta che i costi delle opere per il Ponte sullo Stretto hanno raggiunto l’ammontare di 7.200 milioni di euro nel 2011, che rappresenta il 2% dell’intero valore del Programma per le opere strategiche; sempre in base al 6° Rapporto, il finanziamento disponibile al momento per il Ponte sullo Stretto è di soli 1.650 milioni di euro, e lo stesso Rapporto considera l’opera tra quelle con maggiori criticità finanziarie, con un fabbisogno finanziario superiore al 76%; l’avvio dei lavori è, sulla carta, programmato per aprile 2012 e l’ultimazione per giugno 2018; il Ministro per le Infrastrutture Altiero Matteoli ha comunicato il 29 luglio 2011 l’approvazione del progetto definitivo da parte del Consiglio di Amministrazione della Società Stretto di Messina che il general contractor Eurolink aveva consegnato alla Stretto di Messina spa alla fine di gennaio 2010; tuttavia, il progetto di revisione della rete TEN-T presentato a fine giugno dalla Commissione Europea propone la sostituzione del corridoio Berlino-Palermo con una nuova direttrice Helsinki-La Valletta, che non seguirebbe piu' il naturale percorso verso sud, ma da Napoli punterebbe verso Bari per raggiungere, via mare, Malta, il che comporta la messa in discussione di un10% di risorse per l’opera del Ponte sullo Stretto; anche rispetto all’interesse da parte del gruppo finanziario China Investment Corporation il cui presidente, Low Jiwel, ha recentemente incontrato il Ministro Metteoli e il Ministro Tremonti, occorre tenere presente che l’anno scorso una delegazione di osservatori, accompagnati dai responsabili italiani della Parsons TransportationGroup, “project management consultant”, che è il soggetto che svolge attività di controllo per la costruzione e realizzazione dell’opera, lasciarono Messina abbastanza tiepidamente, non convinti della bontà del progetto e degli aspetti economici; a riprova di, quanto meno un rallentamento di fatto della costruzione del Ponte sullo Stretto, vi è anche il fatto che nella revisione dell’accordo di programma del 2003 e modificato la scorsa settimana, vi è un rallentamento dei tempi di realizzazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, atteso che l’atto integrativo all’art 4 dispone che “il completamento dell’esecuzione degli interventi di adeguamento lungo l’autostrada A3 non dovrà più avvenire entro dicembre 2011, bensì per gennaio 2019 e anche la realizzazione della variante in galleria dell’attuale tracciato autostradale in corrispondenza di Forte Piale, non dovrà più avvenire entro la metà del 2007 ma entro settembre 2013; nonostante questo quadro di forte incertezza sull’effettiva realizzabilità dell’opera, come rende noto il settimanale messinese “Centonove”, sono state pubblicate oltre 1000 schede di esproprio e tra gli espropriati figurano parlamentari in carica tanto alla Camera quanto al Senato, assessori, ex assessori e consiglieri comunali al Comune di Messina; il piano espropri che la Stretto di Messina ha elaborato, include fabbricati e terreni. In base all’accordo sulle procedure espropriative i fabbricati saranno indennizzati al “valore venale” dell’immobile, con accollo da parte di Stretto di Messina , anche delle spese di cessione immobile per espropriazione e dei costi di trasloco, del proprietario o dell’affittuario, mentre per i terreni edificabili ma non ancora costruiti verrà risarcito per intero il valore venale del terreno, tenuto conto della destinazione urbanistica e della capacità edificatoria prevista dal piano regolatore. A questi si aggiungono i fabbricati rurali ad uso abitativo, anch’essi risarciti in base al valore venale o in alternativa con una somma che possa garantire la ricostruzione dell’immobile, con le stesse caratteristiche, in altra zona. Quanto all’indennizzo di aree agricole, risponderà a più voci: il valore delle culture effettive, presenza o meno di un agricoltore diretto, o di un imprenditore agricolo con i manufatti eventualmente presente risarciti in base al valore venale, mentre per i fabbricati destinati ad attività produttive si terrà conto del valore di mercato o di quello di delocalizzazione, con accollo da parte della Stretto di Messina sps della perdita di guadagno in caso di interruzione dell’attività produttiva. Risarcimenti sono previsti anche per i fabbricati ad uso abitativo non soggetti ad espropriazione, adiacenti o comunque direttamente interessati all’opera si chiede di sapere: se quanto riferito in premessa corrisponde al vero; a quanto ammontano i costi relativi al procedimento espropriativo ed in che tempi si ritiene di realizzarlo; visto il quadro di assoluta incertezza sulla fattibilità dell’opera, se non si voglia fermare il procedimento espropriativo; se, di fronte alle evidenti difficoltà finanziare, non si ritenga di cancellare l’intera opera destinando le relative risorse al risanamento della finanza pubblica; in che modo i cittadini sono stati messi nelle condizioni di conoscere il progetto in modo da poter esercitare i loro diritti.

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