Economia, Massari: la politica non governa nulla perché non recepisce più i segnali evidenti e preoccupanti provenienti dal “sistema paese”

Soldi
Nelle ultime 48 ore alcuni fatti e dichiarazioni in tema di economia si sono susseguiti, tutti particolarmente complessi e legati tra loro, senza che la politica abbia abbozzato ad un solo timido segnale di governo della complessità.

Procediamo con ordine:
le vendite di Fiat a febbraio, in Italia, sono diminuite di oltre il 20%. 
Il peggior risultato dal 1995.
Di conseguenza, nelle casse dello Stato, solo considerando questo mese, entreranno 138 milioni di iva in meno, cui si dovranno aggiungere i bolli e altre tasse, tra cui quelle provinciali.
Un disastro dal punto di vista economico, di cui il governo probabilmente ignora la portata. Nel frattempo si occupa della realizzazione di un fantasioso e manipolatorio federalismo municipale, che altri rovine non solo economiche produrrà.
Una volta cessati gli incentivi alle auto - un costo per tutti a beneficio di pochi -, che hanno “dopato” il libero mercato, sono giunte le logiche conseguenze.
La Marcegaglia è quindi tornata a parlare di flessibilità del lavoro, come Cicerone attenta solo ai propri egoistici interessi. Flessibilità richiesta in entrata, che e già stata ottenuta grazie alla parziale quindi ingiusta applicazione della riforma Biagi, ben più ambiziosa ed equa nel suo complesso, ma “falsificata” perché non terminata, scelta politica che ha  prodotto una “generazione senza futuro”. Ha poi chiesto l’obiettivo effettivo: la flessibilità in uscita. Che significa licenziamento.
Comodo e semplice, anche troppo. Per l’intero sistema economico sarebbe preferibile la realizzazione di una riforma complessiva ed equa delle regole.
Invece si replicano costantemente delle misure che rispondono a  richieste che avvantaggiano solo la grande impresa tutelata dallo Stato. Come durante il fascismo, con la nota “formula IRI”, proseguita anche nell’età repubblicana. Vicenda conclusa con le famose  privatizzazioni degli anni ’90, nefaste per il modo in cui furono condotte. Privatizzazioni senza liberalizzazioni, ovvero monopolio pubblico divenuto privato. Con buona pace della giustizia sociale.
Immediata la replica della Camusso la quale, capita l’antifona, ha salmodiato la solita litania lamentando l’attacco ai lavoratori (di fatto tutelando ulteriormente solo quelli già garantiti da contratti a tempo indeterminato, impiegati in grandi imprese ed iscritti al sindacato), allo Statuto dei lavoratori ed al famigerato articolo 18. Una visione parziale della realtà, speculare a quella della Mercegaglia.
Questo non è libero mercato, è il capitalismo inquinato di Ernesto Rossi.
Troppo comodo, Marcegaglia e Camusso. L’Italia non ha bisogno di cattivi cambiamenti o di sterili  barricate: ha bisogno di garantire entrate ed uscite nel sistema del lavoro in modo equo ed efficiente.
Un nuovo sistema di welfare to work di stampo britannico o scandinavo, che premi innanzitutto i lavoratori, le aziende ed i manager capaci.
Per il momento, invece, Fiom dice no a nuove regole ma pretende la cassa integrazione che privilegia sempre le stesse grandi imprese ed i suoi operai, prime tra tutte la Fiat, ben accompagnata da Confindustria che continua a privatizzare i profitti e socializzare le perdite. E come la Fiom vuole solo mantenere lo status quo, l’attuale cassa integrazione. Nessun altro ammortizzatore più efficiente e moderno, come quelli contenuti in numerose proposte parlamentari radicali, sono ipotesi prese in considerazione.
Troppo comodo, inefficiente e superato dalla storia. Perché in Italia, lo si ricorda, la tutela non scatta automaticamente in favore dei lavoratori in difficoltà, ma è una misura discrezionale, per cui è necessario un atto dell’esecutivo concessa “a vantaggio dell’impresa e non del lavoratore”.  Un esecutivo che ha, tra gli imprenditori, qualche preferenza. E una qualche costante esclusione.
Non è così che si aiuta l’economia, fatta soprattutto di lavoratori e imprenditori capaci.
Fin qui si è parlato di quei lavoratori assunti anni fa, con tante tutele pagate “a babbo morto” ricorrendo al debito pubblico.
Ma chi pensa ai giovani? Nessuno!
Considerando il reddito di ingresso al lavoro, per quei “fortunati” che lo trovano con questo impianto medievale,  pari a soli  800 euro, possiamo affermare sia una miseria. In aggiunta a ciò, la disoccupazione giovanile è giunta al  30%. Quindi un giovane su tre non lavora. Ed accetta queste povertà umane e morali perché non ha alcuna alternativa dignitosa.
E’ quindi indecente scoprire che la cassa integrazione straordinaria è salita in febbraio del 17%. Non certo a vantaggio di chi il lavoro proprio non lo ha, o che ha stipulato contratti a tempo determinato che non consento in nessun modo di programmare il futuro.
Quei danari saranno sempre destinate alle grandi imprese, quindi solo di riflesso ai lavoratori, oggettivamente privilegiati rispetto ai tanti laureati trentenni che sono disoccupati o che hanno dovuto sottoscrivere un contratto a progetto, magari in un call center, dilapidando studio e talento per tutelare i diritti acquisiti e inalienabili di genitori e nonni. I trentenni hanno una sola, evidente funzione: pagare i debiti contratti dal settore pubblico da oltre un trentennio per mantenere questo “stato del benessere”. Sono i moderni servi, non più della gleba ma del debito pubblico, dell’illegalità e dell’opacità incosciente e scellerata di governati e governanti, uniti nella miopia autolesionistica e partitocratica. Tutti accumunati dall’assurda, ipocrita illusione che questi diritti non abbiano un costo.
Nessuno pensa alla maggioranza degli esclusi da quello che si può definire, oggi, un vero e proprio privilegio per pochi: il lavoro e sua tutela. In tutto ciò i giovani continuano ad essere l’anello debole della catena di questa società ingiusta, dove il merito è un emerito sconosciuto.
Nel frattempo la banca centrale europea, quella che dovrebbe avere tra i propri fini  istituzionali il contenimento dell’inflazione, annuncia che il denaro costerà ancora solo l’1%.
Poco importa se ciò farà aumentare ancor di più l’inflazione. I tecnici di Bruxelles prevalgono sui politici grazie ai trattati sottoscritti. Politici incapaci di organizzare buone politiche economiche nazionali o  comunitarie. Tutto ciò è conseguenza della deriva neostatalista che di fatto ha tradito, dopo il trattato di Lisbona, ogni afflato europeista autenticamente federalista.
I radicali lo hanno sempre denunciato, anche durante l’ultimo recente congresso del PRNTT a Chianciano, come voce solitaria nel deserto.
Inutili le politiche di sostegno alla domanda, perché inefficaci. Bisogna rilanciare il risparmio, l’offerta, l’economia fatta di prodotti tangibili, non di cartolarizzazioni finanziarie o di emissioni di cartamoneta fittizia, perché senza valore reale alle spalle. Una ricchezza generata senza un reale aumento della produzione sappiamo a quali conseguenze conduce.
Legalità ed apertura guidano le nostre proposte. Ma in Italia latita sia la prima che la seconda.
La controprova è data dai dati sull’evasione fiscale. Sono stati scoperti ulteriori “furti” pari ad 8,9 miliardi di euro. Una goccia nel mare degli oltre centotrenta miliardi annui stimati.
Ciò dimostra che non esiste alcuna legalità se, da sempre, il nostro sistema politico tollera l’evasione in cambio di voti. Non esiste alcuna apertura se chi evade fa di questa pratica (che è una forma di concorrenza sleale quasi mai sanzionata), una regola.
Oltre ad essere illegale si tratta anche di un comportamento canzonatorio ai danni dei tanti cittadini con impiego dipendente i quali, volenti o nolenti, sono “obbligati alla virtù” grazie al meccanismo del sostituto d’imposta.
Si pensi all’imprenditore che potrebbe decidere di evadere e che, contemporaneamente, deve svolgere le funzioni di esattore per lo Stato, prelevando le tasse direttamente dalla busta paga di un suo dipendente. Esilarante!
Sembra incredibile eppure è tutto vero e,  tranne i radicali,  nessuno fa proposte concrete e serie su questi tragicomiche vicende.
Noi proponiamo un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, di welfare to work, rispetto alla sterile difesa della cassa integrazione e del superato articolo 18, proponendo tutele più ampie e eque di quelle attuali. Proponiamo un’Europa federale che sappia governare l’area ed incidere sulle questioni mondiali, senza sottostare ai diktat degli stati più ricchi o alle scelte parziali dei tecnici, incapaci di visioni politiche complessive.
Proponiamo da sempre una forma istituzionale aperta ed inclusiva, oltre che rispettosa dei principi di uno Stato di diritto.
Ciò vale anche per la lotta all’evasione fiscale, sostenuta mediante l’abolizione del sostituto d’imposta e con la detraibilità per tutti, di tutte le spese fiscalmente dimostrate (scontrini e fatture, per intenderci).
Proposte consegnate non solo al Parlamento, ma ancor prima ai cittadini, coi referendum.
Referendum sterilizzati,  purtroppo, a causa della contemporanea ostilità della maggioranza e delle opposizioni, unite nella volontà di tacitare chi ha capacità di indicare lucide ed efficaci soluzioni di governo.
Tra gli altri, come sempre, provengono molte dichiarazioni, ma nessuno si muove. Sino a quando, speriamo mai, non crollerà il primo tassello del domino, le cui conseguenze non sono auspicabili per nessuno.

Dichiarazione di Alessandro Massari, della Direzione nazionale di Radicali Italiani

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