Il Willy Wonka d’Ucraina

Dalla Rassegna stampa

Per salvare l’Ucraina ci vuole un Dream Team composto da Willy Wonka e Rocky. O almeno così recita un ironico striscione sul Maidan, quell’agorà di Kiev dove continuano a nascere e a disfarsi carriere politiche. Rocky - anche se assomiglia di più a Ivan Drago - è Vitali Klitschko, il campione mondiale di pugilato leader della piazza, che però ha ceduto il suo posto nella corsa presidenziale all’"uomo del cioccolato", Petro Poroshenko. Ora il 48enne oligarca pasticcere è il favorito nel voto del 25 maggio prossimo, sommando il suo 24 per cento all’8 per cento di Klitschko. Combatterà contro altri 20 candidati, ma nella variopinta compagine di nazionalisti con un seguito da prefisso telefonico, apologeti vedovi di Yanukovich, radicali liberi, comunisti inossidabili e icone umanitarie, l’unica vera sfida sarà con Yulia Tymoshenko, l’eroina del Maidan 1 del 2004 che, incurante dei fischi al Maidan 2 dopo la sua liberazione dal carcere e dell’8 per cento nei sondaggi, continua a credere nel proprio carisma. E quando Klitschko le chiede di farsi da parte per non spaccare il fronte del Maidan e aiutare il candidato unico, lei risponde ironica che gli sta già dando una mano mangiando i suoi cioccolatini: "In famiglia compriamo solo i dolci della marca Roshen".

Poroshenko invece i suoi prodotti non li mangia. E’ diabetico, ma si rifiuta di usare i dolcificanti nelle sue fabbriche: meglio una briciola di cioccolata vera, dice, che un chilo di quella "finta". Le praline Roshen sono diventate una bandiera della rivoluzione ucraina quanto la treccia di Yulia: le pressioni di Mosca per non far avvicinare Kiev a Bruxelles sono cominciate con un bando dei cioccolatini di Poroshenko dai supermercati russi. Tutti gli oligarchi ucraini hanno appoggiato e finanziato in diversa misura il Maidan, ma Poroshenko è stato l’unico a farlo fin dall’inizio e apertamente, quando l’esito del braccio di ferro con Yanukovich era tutt’altro che scontato. Così come si era schierato, dieci anni prima, con la "rivoluzione arancione", mentre gli altri colleghi oligarchi erano più reticenti ad abbandonare il presidente Leonid Kuchma, loro padre-padrino. Anche Poroshenko era entrato in politica, come deputato della Rada nel 1998, sotto l’ala protettrice di Kuchma, animando il partito socialdemocratico e frequentando Viktor Med- vedchuk, oggi considerato il vero "uomo di Mosca" a Kiev. Ma con Maidan 1 passa dall’altra parte, e fa il ministro degli Esteri con Viktor Yushenko, "l’uomo di Washington", che diventa anche un amico di famiglia e padrino di due dei quattro figli dell’oligarca.

Il sogno "arancione" finisce con i colpi bassi tra Poroshenko e Tymoshenko, che si accusano a vicenda di corruzione - lui dice che lei nei suoi confronti ha reazioni "psicotiche" - e rompono entrambi con la coalizione al governo. A quel punto Poroshenko viene avvistato tra i fondatori di quello che poi diventerà il Partito delle regioni di Yanukovich, del quale sarà brevemente ministro dell’Economia, impegnato più a fronteggiare i nemici del clan oligarchico di Donetsk che a promuovere riforme. Un "camaleonte politico", avverte l’analista Taras Kuzio, uno degli ucrainologi più quotati a livello internazionale. E’ stato dovunque, con chiunque, senza mai distinguersi per particolari doti o idee, nemmeno per grossi scandali. "Nulla che valga la pena di ricordare, nessuna dichiarazione clamorosa, nessun programma accattivante", sintetizza l’Ukrainska Pravda. Nessuno riesce a ricordarsi del suo partito Solidarnost, che ha 5 deputati e che Poroshenko non nomina nemmeno, candidandosi come "parlamentare indipendente". Agli occhi di molti ucraini diventa un politico vero solo quando va in Crimea per fermare la secessione e viene cacciato dai soldati russi, e costretto a fuggire da Sinferopoli su un taxi. Eppure questo uomo senza qualità guida con grande distacco i sondaggi e si prepara a sfidare un animale politico come Lady Yu, pasionaria della piazza e polemista imbattibile.

L’analista Ivan Lozoviy arriva a ipotizzare che i sondaggi che hanno garantito a Poroshenko la leadeship della campagna sono stati "comprati", mentre l’Ukrainska Pravda tira in ballo "l’irrazionalità dell’elettore ucraino". Forse però l’ucraino medio, con il suo buon senso pragmatico, è molto più razionale di quel che appare. Un paese in crisi post rivoluzionaria, prossimo alla bancarotta, con un pezzo di territorio annesso e una guerra di fatto in corso con il vicino, non ha bisogno di un eroe. Poroshenko si presenta come un personaggio solido, un po’ scialbo magari ma posato, un padre di famiglia tradizionale con moglie bellissima casalinga, il contrario della tormentata e oscura vita privata della femme fatale Tymoshenko. Pragmatico, cocciuto, prudente ma capace di scelte coraggiose come schierarsi con la piazza, con la sua voce pacata Poroshenko dice le stesse cose dei rivoluzionari del Maidan. E’ un convinto sostenitore della adesione alla Nato e nella Rada è stato responsabile dell’integrazione europea, non cede sulla Crimea e dice che se i russi sconfinano in Ucraina "dovremo aprire il fuoco". Sulla sua fermezza con Mosca non ci possono essere dubbi, anche perché gli hanno appena sequestrato le fabbriche che aveva in Russia. Ma pur essendo un maestro di judo come Putin, non è un esagitato, e non fa parte di quel fronte che rimprovera al nuovo governo di aver "ceduto la Crimea", chiede purghe a Kiev e uno scontro insostenibile con Putin.

Yulia si presenta come una rivoluzionaria pronta a portare il popolo in guerra, Petro come un crisis manager che deve raccogliere i cocci. Appare sugli schermi del suo canale tv - che ha appoggiato a spada tratta il Maidan - ora davanti al numero 10 di Downing street, ora nei corridoi del Parlamento europeo, menziona incontri con la Ashton (Merkel, Cameron), si presenta come l’ucraino riuscito nel mondo che parla alla pari con i ricchi e i potenti dell’occidente (Klitschko, un altro ucraino di successo internazionale, non ha questo look "istituzionale"). Rappresenta quell’Ucraina che non ha paura dell’Europa perché si sente competitiva, lui che il suo impero dolciario l’ha costruito da zero commerciando cacao e poi comprando fabbriche scassate, in contrasto con gli industriali filo-russi che vivono dello sfruttamento di vecchie risorse minerarie sovietiche e di energia a prezzi agevolati. Con le sue 450 mila tonnellate di prodotti l’anno la Roshen è nella top 20 dei colossi dolciari del mondo, in compagnia di giganti come la Nestlé e la Mars, e Poroshenko è uno degli uomini più ricchi dell’Ucraina con un patrimonio stimato in 1,3 miliardi di dollari e un reddito annuo di 5 milioni (ma dice che la venderà, insieme ai cantieri navali e alle fabbriche di pullman, se diventa presidente).

Nasce subito come imprenditore, senza un passato "sovietico", e all’ultimo anno dell’università (la prestigiosa facoltà di Relazioni internazionali di Kiev) gira già con una Volga di quelle riservate una volta solo alla nomenclatura. Ora sfreccia in Bentley, ma le Ong che monitorano la corruzione dicono di non avere nulla contro di lui. La sua immagine tutta famiglia e azienda riscuote simpatie nell’Ucraina rurale dell’ovest e del centro, ma non è sgradita nemmeno nell’est operaio, dove i ricchi piacciono: anche Sergei Tigipko, uno degli ex alleati di Yanukovich in corsa, è milionario, e quel che resta del Partito delle regioni è ormai saldamente in mano a Rinat Akhmetov, l’oligarca ucraino numero uno, il padrone dello Shakhtar. E a Lady Yu, tutt’altro che povera, aizzare i poveri ucraini contro il concorrente miliardario non conviene: alle sue spalle c’è un consorzio di altri oligarchi, inclusi quelli di Donetsk, con i quali Poroshenko ha combattuto le sue guerre di affari più che di politica. Ma il loro mercato è a ovest, non a est, non vogliono spartire la ricchezza con i russi, preferiscono contare su un compromesso di coalizione con chiunque vinca. Secondo il politologo moscovita Stanislav Belkovsky, non è un caso che Akhmetov abbia schierato come candidato "filo-russo" un pagliaccio come Mikhail Dobkin: stavolta la partita non è tra due campi opposti, ma si gioca all’interno dello stesso schieramento. Comunque vada, con Yulia o con Petro, l’Ucraina andrà in Europa.

 

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