“Il voto fu falsato”, Piemonte alle urne

Cala il sipario sui quattro anni di Roberto Cota alla guida del Piemonte. Il Consiglio di Stato ieri sera ha respinto l’appello contro la sentenza del Tar che un mese fa aveva invalidato le elezioni 2010, ritenendole «inquinate» dalla presenza della lista illegittima di Michele Giovine, «Pensionati per Cota», costruita sulle firme false di candidati ignari. Elezioni regionali «taroccate». «É la morte della democrazia» ha detto invece l’ex governatore leghista, commentando a caldo la sentenza. «Questa decisione - ha aggiunto - è un affronto ai piemontesi, che hanno espresso il loro voto chiaramente». La sua sconfitta, arrivata dopo una lunga resistenza giudiziaria contro i ricorsi di Mercedes Bresso, superata alle urne per un pugno di voti, è racchiusa nelle poche parole scritte al fondo dell’ordinanza dai giudici della Quinta Sezione. «Il Consiglio di Stato... mantiene ferma l’esecutività della sentenza appellata». Cota, decaduto dal ruolo di Governatore per effetto dell’annullamento del risultato elettorale da parte del Tar, non è riuscito a ribaltare il verdetto. Quindi voto anticipato e scioglimento del consiglio regionale. E Cota protesta, lancia strali contro i giudici e la sinistra. «Un sistema che fa questo dopo quattro anni, quando non è mai stato in discussione il risultato delle elezioni, non è credibile». E aggiunge: «si tratta dell’ultimo tassello di un disegno ben preciso della sinistra che vuole a tutti i costi il Piemonte, pur avendo perso le elezioni».
Ma perché ci sono voluti quattro anni? Prima di potersi pronunciare, il tribunale amministrativo ha dovuto ottenere il responso della giustizia ordinaria sulla vicenda delle firme false. E sarebbe continuata ancora l’attesa sulla disputa delle elezioni piemontesi, se i giudici del Consiglio di Stato avessero accolto le richieste degli avvocati dell’ex governatore e del centrodestra. E addirittura Angelo Clarizia, legale di Cota, ha nutrito qualche speranza commentando la sentenza, leggendo frettolosamente l’ordinanza. Un barlume di speranza, per rinviare ancora. Anche se si parla di un ultimo ricorso, estremo, alle sezioni unite della Cassazione. Ultima spiaggia. Ma la giustizia questa volta ha accelerato ed è arrivata a una sentenza rapida. «Il Consiglio di Stato - afferma l’avvocato Gianluigi Pellegrino, legale con Paolo Davico Bonino di Mercedes Bresso - decidendo nel breve volgere di un mese ha anche dimostrato che il grave ritardo con cui si era concluso il giudizio al Tar non è dipeso dalla giustizia amministrativa ma da un sistema vetusto e da riformare che ha imposto di aspettare per dichiarare un falso conclamato e noto a tutti».
Tra qualche giorno i magistrati renderanno note le loro motivazioni. Adesso bisogna aprire la campagna elettorale per far coincidere il voto regionale con le consultazioni europee. Tocca all’ex presidente, come ultimo atto, avviare la procedura elettorale. «Nel più breve tempo possibile». In caso contrario incorrerà in una violazione. Non c’è tempo da perdere. «Ora si vada al voto con le elezioni europee per risparmiare decine di milioni di euro e per ripartire» dicono i radicali Silvio Viale, Igor Boni e Giulio Manfredi. Davide Bono, del Movimento 5 Stelle, dà una una motivazione in più per andare al voto. Ricorda che in questa intricata vicenda, c’è un altro fronte giudiziario che riguarda una lista di Pensionati collegata alla Bresso, finita sotto accusa per firme false. «Queste elezioni - dice Bono - erano truccate, non solo per la lista per Cota, ma anche per la lista Pensionati e invalidi per Bresso. Ora si vada al voto con le europee e si faccia piazza pulita di questa classe politica impresentabile».
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