«Vita» in scena al Belli riflessione sull'eutanasia

Dalla Rassegna stampa

Il tema dell'eutanasia vissuto in un microcosmo privato, senza il filtro dei mass media e dei talk show che mettono a confronto etiche e soluzioni slegate dalla realtà. Qual è la quotidianità di una famiglia spezzata da un incidente stradale? Quali gli interrogativi? «Vita», lo spettacolo scritto e diretto da Angelo Longoni (autore anche delle fiction tv «Il campione e la miss» e «Bravi ragazzi»), in replica fino a domenica al Belli, mette in scena il conflitto di un nucleo familiare come simbolo del conflitto di un paese intero. Protagonisti della pièce Pamela Villoresi, Emilio Bonucci, Eleonora Ivone e cioè una madre, un padre e una figlia. «L'Italia, forse più di ogni altro paese occidentale, è il luogo della separazione netta dei concetti - dice Longoni - delle idee e delle convinzioni in modalità di parte spesso semplificate e superficiali. La realtà che viviamo sembra dipendere solo dall'azione di due principi opposti, tra cui esiste un contrasto insanabile a causa del quale finiamo per vedere il mondo solo in bianco o in nero senza riuscire a concepire altri colori o sfumature». Ne «Le invasioni barbariche», il film diretto da Denys Arcand nel 2003, un cinquantenne professore di storia, malato terminale, vive le sue ultime ore circondato dalla famiglia e dagli amici, scegliendo di lasciare il mondo prima che il tumore lo costringa a farlo dolorosamente. Ma cosa succede quando a chi soffre la scelta non è permessa, oppure quando il malato non ha più le facoltà per decidere? A portarci a considerare pro e contro della «buona morte», cioè della morte procurata a un individuo la cui qualità della vita è, o sta per essere, definitivamente compromessa, sono state le vicende di Eluana Englaro e di Piergiorgio Welby, diventati argomenti di dibattito tra chi considera l'eutanasia un assassinio e chi considera un certo modo di vivere una tortura. In «Vita» il dilemma si ripropone: un padre e una madre si, scontrano sul destino della figlia, che giace in uno stato vegetativo permanente, «due posizioni inconciliabili - continua l'autore esattamente come quelle di una popolazione divisa a metà».

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