Vacanze "dietro le sbarre"

Una nemesi benigna. Radicale, si potrebbe dire. Quella che ha colpito U il neo ministro di Grazia e Giustizia Francesco Nitto Palma che è passato, proprio a causa dei sarcasmi e degli strali piovutigli addosso da Radio radicale e dintorni, dallo status di "in ferie per un mese in Polinesia", cioè la cosa sbagliata nel momento sbagliato, a primo titolare nella storia di via Arenula a recarsi il Ferragosto in carcere, a Regina Coeli, per passarlo con i detenuti. Roba da Pannella insomma. E infatti Nitto Palma, per non farsi mancare proprio niente, ieri ha anche ricevuto, per oltre due ore, il leader radicale e la deputata Rita Bernardini proprio alla vigilia del grande "satyagrah" di massa, sciopero della fame e della sete per un giorno, a cui hanno aderito oltre 500 tra politici, sindacalisti delle guardie di custodia, direttori di carcere, avvocati, magistrati, giornalisti e naturalmente detenuti. Un happening di massa per fare rientrare nella legalità un'istituzione, quella penitenziaria, che per usare le parole proferite dal capo dello stato Giorgio Napolitano a un convegno organizzato lo scorso 28 luglio alla sala Zuccari dal presidente del Senato Renato Schifani, "ci umilia in Europa". Ed è diventata un'emergenza da affrontare in ogni maniera, compresa l'amnistia. E qui veniamo al "punctum dolens" dell'incontro di ieri durato oltre due ore, e conclusosi con un bel pasto propiziatorio, uno degli ultimi prima della ripresa della lotta non violenta di Pannella e della Bernardini che si faranno presumibilmente ben più che un solo giorno di sciopero della fame e della sete. Per Pannella l'amnistia, anzi 1' "amnistia, amnistia", refrain con il quale ormai esordisce in ogni collegamento mattutino alla Radio, è l'unica cosa logica da fare dopo il chiaro fallimento di ogni piano carceri e di ogni politica degli annunci.
Anche perché se non c'è il personale per aprirle queste nuove galere o semplicemente i nuovi padiglioni di quelle esistenti, di che si sta parlando? A Spinazzola in provincia di Bari, ad esempio, c'era un carcere modello per detenuti per reati di violenza sessuale: l'ultimo atto dell'ex ministro Alfano è stato quello di chiuderlo per insufficienza di personale. Peraltro, la proposta di amnistia di Pannella, quella originaria di oltre un anno fa, è stavolta subordinata alla riparazione del danno verso la vittima del reato ove essa esista. E per una vecchietta truffata della pensione il rientro economico è sicuramente meglio della "certezza della pena" contro un ladruncolo qualsiasi. Poi bisognerà mettere mano alle riforme: obbligatorietà dell'azione penale e nuovo codice penale in senso decarcerizzante, come ha auspicato il primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo (proprio nel convegno in cui Napolitano ha tuonato in quella maniera). Anche se il tutto è stato assai sottovalutato dalla tv di stato, a proposito di "informerai". Nitto Palma da parte sua ha impostato la cosa in maniera diversa: prima facciamo le riforme del codice penale e sistemiche, in senso di depenalizzazione e decarcerizzazione, e poi l'amnistia. Eventualmente. Ma Pannella ha fatto l'esempio del divorzio: "anche all'epoca ci dicevano di accontentarci, magari del divorzio per solo chi avesse contratto matrimonio civile e non in chiesa.. per non dare fastidio alla curia e al Vaticano.. ma si trattava dell'1 % delle popolazione e se ci fossimo accontentati oggi non ci sarebbero né il divorzio, né la riforma del diritto di famiglia, né la legge sull'aborto". Per Pannella, "le posizioni sono note: secondo noi l'amnistia è l'unica indicazione e ipotesi per far decollare una riforma della giustizia, l'unico strumento inventato per potere procedere a una riforma complessiva. Sarà necessario dopo 30 anni un dibattito democratico sul problema della giustizia, riteniamo che il tema trainante dell'amnistia sia opportuno e necessario". Il provvedimento, con annesso indulto, servirebbe più ai magistrati per sfoltire un arretrato che altrimenti rischia di sommergerli, che ai detenuti. Un arretrato che potrebbe continuare altrimenti a "regalare" 170 mila o 200 mila prescrizioni l'anno. In pratica un'amnistia di classe, legata alla possibilità di permettersi avvocati che sappiano come dirigere un vero e proprio gioco di melina con l'amministrazione della giustizia. Ma il non detto di tutta questa storia della sovrappopolazione carceraria (a parte le leggi dannose come le Bossi Fini sugli extra comunitari, la Fini Giovanardi sulla droga e la ex Cirielli sulla recidiva reiterata) è che in questo "cul de sac" la classe politica italiana ci si è messa da sola. Questo allorché, sull'onda giustizialista dei primi anni '90, ha votato la riforma costituzionale che ha fatto salire a due terzi dell'intero Parlamento la maggioranza con cui si possono approvare provvedimenti di clemenza. L'ha fatto per dimostrare di "non essere casta" e di "non cercare l'impunità", ma ha combinato un casino. Perché la casta è rimasta tale e ha trovato altre maniere di farla franca, comprese leggi ad personam, la prima fu varata dalla sinistra, che depenalizzò l'abuso d'ufficio per salvare le terga a Scalfaro dallo scandalo del Sisde. Ma a rimetterci, in quella severità di facciata, sono stati come al solito i poveri Cristi. "Stracci che sono volati".
Talvolta in cielo, con una corda fatta di lenzuola attorno al collo. Dal 1992 a oggi più di 1.100. In più mettiamoci i tentati suicidi, circa 15mila, nello stesso periodo di tempo.
© 2011 L'Opinione delle Libertà. Tutti i diritti riservati
SU