Una lezione da Croce a Pannella

Dalla Rassegna stampa

Mi sono capitate tre cose "in famiglia”, tra la fine della settimana scorsa e l'inizio di questa: un'intervista di Armando Torno sul Corriere della Sera a Livio Garzanti, per i suoi 90 anni; il dono di un volume del filosofo crociano Michele Maggi edito da Bibliopolis, Archetipi del 900 -filosofia della prassi e filosofia della realtà; il ricovero di Marco Pannella in ospedale per l'eroica follia di cominciare uno sciopero della sete dopo due mesi di sciopero della fame, che l'hanno ridotto di 30 chili, in un'Italia dove le battaglie "non violente" per i diritti civili conculcati non hanno più pubblico di quanto ne avessero i volumi di Croce negli anni della dittatura: Storia del Regno di Napoli (1925), Storia d'Italia (1928) Storia dell'età barocca in Italia (1929), Storia d'Europa (1932), Storia come pensiero e come azione (1938). «La crisi italiana è culturale», dice Garzanti, autore della rivoluzione editoriale che riempì le famiglie del dopoguerra dei «dizionari fatti in casa» e delle altrettanto famose "Garzatine"; che discuteva programmi con Buzzatti, Vergani, Geymonat, Bertolucci, Cecchi, Sapegno, pubblicava scrittori che non passano (Parise, Gadda, Pasolini, Soldati), e 5 anni fa onorò il suo riposo scrivendo un saggio su Platone (Amare Platone: una lettura del Fedro), visto che «quello che insegnano nelle scuole e all'università è un Platone risistemato dai preti, cioè falsificato, e non mi piace».

Evviva. Largo ai vecchi, diceva un collega citando Biagi e Montanelli, visto che in Italia chi ha meno di 80 anni ha famiglia e non può compromettersi. Anche Marco ha appena passato gli 80, ma lui non ha mai avuto famiglia: si è compromesso a tutte le età, supplendo al deserto di coscienze morali nella nostra politica, come la narrativa vista da Garzanti è deserto di anonimi, libri che «durano qualche giorno» (anche se vincono lo Strega, che De Mauro non sa come risistemare); e rimpiange il suo Parise, che scriveva Il Padrone alludendo al suo stesso editore. (Invece, gli spiegò Pasolini, era «un libro d'amore»). Ma Pasolini aveva la grazia («tranne che in Petrolio, impubblicabile»); così come Croce ricorda Maggi - aveva avuto la grazia per scrivere di storia e farne religione. Religione della libertà, che anch'essa ha la sua chiesa, lo stato liberale: e che, come tutte le chiese, è «forma elementare ed angusta della vita pratica, dalla quale la vita morale esce fuori e trabocca, costringendo Stati e politica a rinnovarsi, secondo le esigenze che essa pone». Pannella è fuori dallo stato liberale per raccogliere lo spirito liberale che ne trabocca fuori. Unico tra i leader del secondo Novecento a impegnare il suo corpo per i valori che le chiese proclamano e seppelliscono. Era successo in grande duemila anni fa, poi si dimenticarono.

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