Un test di amore

Si apre domani a Firenze il XXX convegno dei Centri di aiuto alla vita (Cav) d'Italia. «Nessuna vita ci è straniera» è il tema generale e la tavola rotonda iniziale, nella basilica di San Lorenzo, alle ore 16.30, rifletterà sul più «straniero» tra gli uomini oggi: l'embrione umano: «uno di noi... pari opportunità ed eguaglianza».
La basilica di San Lorenzo, splendida opera del Brunelleschi, è un luogo simbolico. Qui, infatti, nel contiguo chiostro mediceo nacque nel marzo del 1975 il primo Cav d'Italia. Il locale era ancora una modesta stanza (cui oggi si sono aggiunti altri vani), quando Giovanni Paolo II volle visitarla il 19 ottobre 1986. In essa consegnò il messaggio che è divenuto il segno visibile di incoraggiamento presente in gran parte dei trecento Cav moltiplicatisi in tutta Italia. Il luogo simbolico del convegno suggerisce di richiamare le ragioni e le circostanze di quella prima origine.
Nel gennaio 1975 fu scoperta a Firenze una vera e propria clinica clandestina per aborti gestita dal Partito radicale. Vi convenivano donne provenienti da tutta Italia.
L'aborto era ancora reato (la iniqua legge liberalizzatrice è di tre anni dopo) e, conseguentemente, iniziò una indagine penale contro le persone che gestivano la casa, tra cui alcuni dirigenti del partito radicale. Il fatto suscitò un grande clamore per le dimensioni dell'attività illegale (22 letti nella «clinica»; una media di 40 aborti per pomeriggio a giorni alterni).
La difesa, subito reclamizzata dai mezzi di comunicazione sociale, tentò di far passare l'idea che la clinica clandestina costituiva un «aiuto per le donne». Il Cav fu la replica operativa e culturale. «Le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita, ma superando insieme le difficoltà»: è stato questo il programma di tutti i Cav, con il cui aiuto, da allora, sono nati circa 130.000 bambini e altrettante madri, sottratte alla solitudine, hanno trovato il coraggio e la gioia della maternità.
Il seme ha fruttificato. È già qualcosa di grandioso il salvataggio anche di una sola vita umana, ma deve essere valutato l'effetto culturale. L'abortismo si nutre di menzogna ed è menzogna l'affermazione, ripetuta ossessivamente per anestetizzare l'orrore, che la legge ha diminuito gli aborti. Di fronte alla novità dell'aborto chimico, tanto clandestino da non essere neppure conoscibile, non possiamo essere certi che le 130.000 Ivg registrate ogni anno indichino una diminuzione sicura. Comunque è certo che se una minor frequenza nel ricorrere all'aborto si va determinando, ciò non è merito della legge ma del messaggio, dimostrato dai fatti, che «le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita, ma superando insieme le difficoltà».
Come l'abortismo si nutre di menzogna, così la difesa della vita si nutre di amore. La proclamazione della verità è importante, ma deve essere accompagnata dalla forza persuasiva dell'amore. Questo non si dà pace se qualcuno rischia la vitae, d'altra parte, il «cuore» moltiplica le azioni di solidarietà se è chiara nella mente la presenza di «qualcuno» che ha bisogno di aiuto.
Lo scambio di esperienze dei Cav al convegno proverà che l'amore per la vita può vincere e annullare la cosiddetta «necessità» di abortire. £ amore però ha bisogno della luce dell'intelligenza. Perciò è bene rammentare che la radice di ogni azione per la vita (nel volontariato, così come nella politica, nelle leggi, nella amministrazione nazionale, regionale e locale), è il riconoscimento senza riserve della piena umanità del figlio fin dal suo primo comparire nel concepimento. «Uno di noi...»
Questa, a ben guardare, è la radice di ogni questione bioetica, che va risolta con il criterio indicato dalle stesse parole d'ordine della modernità: «eguaglianza», «dignità», «diritti umani». Ci fu il tempo in cui la legge ammetteva la schiavitù, la discriminazione tra bianchi e neri, la diseguaglianza delle donne. Ora è venuto il tempo di riconoscere la uguale dignità per tutti. Veramente per tutti.
Dunque anche per il figlio concepito ma non nato. Questa è la direzione della storia. £ amore concreto e sperimentabile per la vita «affretterà» il cammino della mente.
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